Nel suo vibrante ricordo di Tom scritto per The New Yorker, Patti Smith descrive le qualità eteree e luciferine del grande musicista americano, con la consueta capacità di scarnificare i costituenti strutturali della frase, fino a rivelarne una luce nascosta. Il personaggio di un cartone animato, con la grazia di un derviscio. La distanza ironica dal mondo e l’improvvisa capacità di trasfigurare la realtà percepita in un prisma.
Nel mistero che alimenta la creazione poetica, Tom Verlaine abita la passione per i simbolisti francesi separando la parola dal suo referente, per assegnarle una connotazione evocativa. Più il suono del senso, più la sillabazione vicina ad un mormorio rispetto alla costruzione narrativa di un racconto melodico. La musica prima di tutto, e le altre intuizioni che Paul Verlaine indica nel metodo de “L’arte poetica”, dove l’esatto si unisce all’incerto.
Nell’intarsio tra voce e chitarra, la seconda segue la stessa gemmazione, proliferando dalla ripetizione, aprendosi verso derive che ci conducono altrove.
Nei suoi lavori solisti, dopo la folgorante e fulminea avventura con i Television, Verlaine sviluppa in forme ancora più estreme il dialogo tra la concisione del punk, già nella prima fase post-mortem, e l’espansione della tessitura sonora che lambisce i numerosi territori della musica freeform.
Ecco perché la geometria delle sue anti-canzoni torce il collo all’eloquenza, per volare libera anche da quella cornice iniziale.
La seconda esperienza con i Television risente maggiormente del lungo percorso solista, dal primo album omonimo del 1979 fino a quello che precede la reunion, The Wonder.
La tensione spirituale di Ayler e Coltrane investe Warm and Cool, prova generale del terzo album a nome Television, liberato totalmente dalla voce e con la band al completo ad eccezione di Richard Lloyd. L’album è un volo notturno dalle ambizioni cinematiche, che limita l’incidenza della realtà sul sogno, a partire dall’artwork, dove l’elettricità di una lampadina a bulbo è l’unica forma visibile in una notte senza uscita.
Quella parentesi strumentale, il cui senso viene rilanciato e capitalizzato con la ristampa Thrill Jockey nel 2005, quasi per stabilire un punto di partenza, un genoma, un nume tutelare per tutta la produzione post-rock veicolata dall’etichetta di Chicago negli anni novanta, rende esplicita l’inadeguatezza del linguaggio descrittivo a cui Verlaine, da sempre, si è opposto con una scrittura che coinvolgeva sullo stesso piano liriche, parola e strumenti.
Words from the front, più dei precedenti Tom Verlaine e Dreamtime, sfrutta l’impiego della ripetizione e del riflesso per risonanza nella scrittura delle liriche. Le frasi, dove ancora sussistono e non vengono contratte nel valore fonetico di una sola parola ripetuta, sono esche per qualcos’altro.
Persino la cornice bellica, utile oggi per gli algoritmi intelligenti che devono vomitare nuove playlist dedicate alle anti-war songs, è disancorata da riferimenti certi e sembra puntare, come tutto l’album, ad una ridefinizione del sentimento amoroso attraverso coordinate libere e spaventose, che conducono alla sovrapposizione tra libertà e solitudine.
Non c’è traccia di ego nel tormentato chitarrismo di Verlaine e basta questo album del 1982, l’anno in cui il metallo pesante impiegava il massimo di testosterone, per descrivere l’isolamento della coscienza rispetto ad una realtà esterna già in fiamme.
La flessione dell’album verso la dilatazione Dub, esplorata in modo più esplicito nel successivo Cover, genera una poetica abissale, dove ogni suono, elemento, parola, loop, sembra un’eco di resistenza umana.
Per la promozione, se si esclude Call Mr. Lee il singolo scelto in occasione della reunion dei Television del 1992, Verlaine si presta per l’unica volta alla diffusione di due videoclip.
Words from the front, la title track e Clear it Away, entrambi diretti da Ed Steinberg, fresco di videomusica con Everybody per Madonna e lanciato verso un futuro che lo porterà fino a Brimful of Asha per i Cornershop, sono attualmente invisibili, ad eccezione del primo, trapelato da una VHS registrata durante una rotation televisiva e messo nuovamente in circolo su YouTube dal canale VHS POETRY, bizzarro aggregatore di recuperi e lacerti video, registrati su nastro magnetico.
Le liriche del brano sono quelle più narrative dell’intero album e in superficie, descrivono le condizioni di un soldato al fronte, immerso in un mondo ostile e incerto sul suo ritorno. Il testo indica chiaramente due date, il 23 Gennaio e il ’17 come speranza di un possibile approdo entro l’anno. Verlaine, alieno a qualsiasi forma di comunicazione promozionale, nel video è un fantasma calato in un ambiente derealizzato, tra un cimitero di automobili, un orizzonte post-industriale e altre tracce di abbandono.
Sullo sfondo lo spettro di una figura femminile, sospesa alla propria danza, un pendolo ossessivo tra la realtà e il rito, il ricordo e l’oblio.
It is a love, not a plan
Remaining close to the matter at hand
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