venerdì, Novembre 22, 2024

Tomas Barfod – love me: la recensione

Si dice che un gruppo, in linea di massima, dovrebbe essere superiore alla somma delle sue parti. Come per tutti i detti, ci sono casi eccezionali in cui ciò non si avvera, e il solista per certi episodi tira fuori un capolavoro laddove il gruppo aveva prodotto poco prima un buon disco. In questo caso il gruppo di cui parlo sono gli WhoMadeWho, da poco tornati nel mercato discografico con un lp difficile da assimilare (Dreams, recensito su Indie-Eye),e il solista non è il chitarrista Jeppe Kjellberg o il bassista Tomas Høffding, bensì il batterista Tomas Barfod, già agli onori delle cronache musicali per il disco Salton Sea del 2012 e l’ep Pulsing a febbraio di quest’anno. Come un novello Phil Selway, il batterista dei Radiohead, anche Barfod si è messo in proprio, abbandonando il connubio tra rock ed elettronica, puntando solo a quest’ultima. Aiutato alla voce da Nina Kinert, presente in 4 tracce su 11, Barfod ha messo insieme il disco Love Me in un’atmosfera soft, ricca di piccoli suoni ottimamente sviluppati. La sensibilità pop c’è, sia nel fare un disco tanto personale quanto universale. Chill quanto basta, strutturato come un disco pop del 2014, accattivante abbastanza per sembrare un’opera di un dj navigato. Nemmeno si nota la sensibilità particolare conferita alla percussioni. Qualche episodio alla Glasser, come l’iniziale Pulsing e Aftermath, altri piccoli tratti in stile Ratatat, come Blue Matter suonata con il collega di band Kjellberg, che poi vira in direzione Moderat.

Un disco che crea empatia con il comune sentire riguardo la musica elettronica moderna: tranquilla, non troppo d’atmosfera, pop ma con svariati strumenti rock, ferma tra i 120 e i 130 bpm. Il disco perfetto, immediato, da sufficienza piena.

Elia Billero
Elia Billero
Elia Billero vive vicino Pisa, è laureato in Scienze Politiche (indirizzo Comunicazione Media e Giornalismo), scrive di dischi e concerti per Indie-eye e gestisce altri siti.

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