mercoledì, Dicembre 18, 2024

Trentemoller Live @ Viper Theatre, Firenze – 24 Settembre 2014: la recensione del concerto

L’eclettismo di un personaggio come Anders Trentemøller (leggi qui la nostra intervista su indie-eye) è ormai noto a chiunque abbia seguito la scena elettronica (ma potremmo tranquillamente dire la scena musicale tout court) nell’ultima decina d’anni. Ancor più che nel cammino evolutivo tracciato dai dischi, tale qualità si palesa in occasione delle esibizioni dal vivo. Tanto per dirne una: di recente – a seguito di un deludente dj set dei Chemical Brothers – il sottoscritto ha avuto occasione di sperimentare l’approccio del Danese alla consolle. Approccio che ha rivelato una conoscenza della dinamica, una fluidità ritmica, una perizia tecnica e – in definitiva – una musicalità difficilmente riscontrabili in altri professionisti della piastra. Mi sembra palese, insomma, che l’avvicinamento del nostro Anders alla musica non possa essere avvenuto tramite Ableton Live. Coerentemente con quanto affermato fin’ora, l’artista si presenta sul palco del Viper Theatre alla testa di una vera e propria band, composta da un batterista, due chitarriste/cantanti, un bassista, ed egli stesso alle tastiere. Ciò che segue ha dell’incredibile, e si colloca esattamente al centro della convergenza fra set elettronico e concerto rock. Dal primo mutua la natura fluida, magmatica e (quasi) totalmente strumentale, del secondo mantiene la fisicità, il sangue e il sudore. È pur vero che qui ci si adegua alla scansione ritmica di click e sequencer, ma gli spazi per l’improvvisazione, per le svisate strumentali, per le esplosioni psichedeliche ci sono eccome, e vengono pienamente sfruttati da tutti i membri della band; lo stesso Trentemøller, oltre ad orchestrare l’intero evento – suggerendo l’andatura ai suoi gregari come farebbe un direttore d’orchestra – è spesso curvo sui sintetizzatori a trarne riflussi cosmici. A tratti le chitarre elettriche prendono il sopravvento in una serie di crescendo shoegaze, altrove è l’eleganza ritmica di natura sinth pop/new wave a farla da padrona, ma la coesione interna non diminuisce mai e tutto risulta assolutamente credibile. Nel corso della serata tanto i brani del recente Lost quanto i vecchi successi vengono integralmente ri-arrangiati, per dare spazio alle possibilità strumentali dell’ensemble. Si nota in particolare come il gruppo eviti accuratamente l’uso della cassa in quattro; persino il materiale estratto da The Last Resort – che, coadiuvato da un beat ossessivo, sprigionerebbe appieno il suo potenziale danzereccio – viene riproposto secondo un ventaglio di soluzioni alternative, che spaziano dallo shuffle al breakbeat. Mi rendo conto a poco a poco che dietro tali scelte artistiche si cela un piano ben preciso: i Danesi sono intenzionati a prendere in contropiede una parte degli spettatori, quelli confluiti al Viper con la segreta speranza di trovarsi al centro di un rave party. Purtroppo per loro, stanotte viene celebrato un diverso tipo di rito collettivo, che peggio si presta alle dinamiche della trance e che non favorisce altrettanto bene il consumo di sostanze psicotrope. A conti fatti, tuttavia, l’unico che sembra realmente deluso dalla situazione è il tipo che mi si avvicina con fare losco, domandandomi sottovoce se intendo comprare della cocaina. Tipo a cui, dopo un attimo di incredulità, non posso che scoppiare a ridere in faccia.

Federico Fragasso
Federico Fragasso
Federico Fragasso è giornalista free-lance, non-musicista, ascoltatore, spettatore, stratega obliquo, esegeta del rumore bianco

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