domenica, Dicembre 22, 2024

Tropic of Cancer – Restless Idylls: dei miei sospiri estremi

Sembra che dopo l’incontro con gli HTRK per l’ep condiviso e pubblicato dalla Ghostly International, i Tropic of Cancer abbiano subito un cambiamento radicale che ha inspessito il loro suono avvicinandolo al potenziale astratto, stumentale e dronico della band Australiana, un risultato non trascurabile se si considera la forte prossimità del progetto di Camella Lobo alle caratteristiche della wave più oscura declinata con quelle sonorità elettriche e spettrali non del tutto dissociabili da una precisa partenità Ottantiana.

Tutte le intuizioni più originali e creative dei Tropic of Cancer, ovvero lo schiacciamento della parte vocale sullo sfondo, al livello di un lamento indistinguibile, la sezione ritmica evidenziata in una forma house primitiva e rallentata, i Synth che disegnano paesaggi sonori raggelanti trovano adesso una collocazione più estrema proprio nella direzione descritta.

Restless Idylls, primo effettivo full lenght che segue una serie di ep molto suggestivi ancora incatenati ad una rilettura tutto sommato filologica dell’estetica post-punk, è un notevole passo avanti per la Lobo, adesso in coppia con Taylor Burch  (Dva Damas), perchè se si esclude la forma eterea e circolare della traccia d’apertura, Plant Lilies at my head, e la nenia decadente di Court of devotion, parto gemellare che sembra ancora legarsi alla produzione precedente, con Hardest Day entriamo in un territorio rituale ed ossessivo che disintegra tutti questi parametri; la struttura dei brani si dilata appoggiandosi sui dati di sequenza dei synth, ottenendo un risultato non così distante dal dub sospeso di Work (work, work), l’ultimo album a tuttoggi degli HTRK, e lasciando uno spazio importante alla produzione addizionale di Karl O’Connor (Regis) che spinge sulla rimodulazione di una techno oscura e futuribile più di quanto non abbia fatto Juan Mendez nei lavori precedenti della Lobo.  La descrizione sinestetica di un paesaggio interiore si accentua con la successiva Children of a Lesser God, quasi il Vangelis di Blade Runner con un tappeto di synth spinto al massimo dell’udibilità, un’onda sonora che si infrange all’infinito contro il vuoto mentre la drum machine scandisce un tempo congelato e sempre uguale a se stesso.

Tutte le scorie più “rock” vengono triturate in una serie di campioni post-industriali, elettronica che non si affida più all’oscurità come abbellimento di “genere”  (dark, wave, witch house o in qualsiasi modo vogliate ucciderla) ma la ricerca nella forza di un’anti-scrittura meditativa, un drone che accumuna i brani di Restless Idylls  all’essenza di certa psichedelia più che un suono specifico e storicizzato da clonare; More Alone e The Seasons Wont Change usano alternativamente la saturazione dei synth e il duello tra ritmica e voce, per realizzare il percorso di cui stiamo parlando, mentre Wake the Night e Rites of The Wind estremizzano questo viaggio verso le stanze più recondite della psiche con un incedere ancora più ritualistico; sono due splendide e visionarie dilatazioni ritmiche da cui è impossibile salvarsi.

Allegato alla cartella stampa internazionale che ha accompagnato la promozione di Restless Idylls, il poema sepolcrale della poetessa britannica Stevie Smith intitolato “i do no speak” :  “….in questi giorni duri non chiedo pace | non chiedo che la sofferenza possa cessare“; per Camella Lobo, che in una recente intervista si è definita come una persona nient’affatto triste, è il segno importante di una ricerca e di un tributo che attraverso la sua musica, si rivolge a quelle persone che sono scomparse dalla sua vita, qualsiasi sia il senso che si vuole dare alla parola “scomparire”.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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