La nuova scena Britannica imbevuta di post-punk, i Tv Priest l’hanno respirata da vicino. Il cantante della band Charlie Drinkwater, grafico e art director per la Island, oltre agli artwork per artisti molto noti come Sigrid, U2 e Drake, ovvero i nomi di punta dell’etichetta, ha sviluppato quelli per band come Fontaines D.C., Easy Life e molte altre della nuova scena indipendente inglese. Alla sua voce, nei TV Priest, si affiancano Alex Sprogis alle chitarre, Nic Smith basso e tastiere ed infine Ed Kelland alle pelli.
Il 13 novembre pubblicheranno il loro primo album intitolato “Uppers“, sotto l’indipendente Hand in Hive. L’ultimo singolo pubblicato è la potentissima “This Island“, furibondo grido anti-brexit, animato da Ewen Farr, collega di Drinkwater alla Island e illustratore dal grande talento. In una videografia di tutto rispetto che include un buon numero di videoclip, quello per i Tv Priest si inscrive perfettamente nello stile del disegno animato old style, con fortissimi elementi pittorici di derivazione impressionista e un approccio volutamente approssimativo al movimento, che Farr stesso, chiama “lo-fi”.
Le immagini e i disegni di “This Island” investono di una poesia grigia e crepuscolare i suoni abrasivi e le violentissime liriche della band. “Il brano – ha raccontato Drinkwater – racconta dell’incoerenza, ma anche di risposte sconnesse, sia a livello personale che politico, in un contesto temporale e geografico che non è più del tutto comprensibile. Una lettera d’amore non corrisposta e un grido di frustrazione; è un mea culpa ma anche una chiamata alle armi. L’abbiamo scritta per contrastare quel tamburo battente che incarna sempre di più idee nazionaliste e separatiste, sia in patria che all’estero. Francamente siamo spaventati e sgomenti […] Come artisti non offriamo soluzioni per affrontare la vita, ma forse possiamo tendere una mano e far sapere che non si è da soli in questa confusione, ma si può essere forti nelle proprie convinzioni. Piccole imbarcazioni possono generare ancora grandi onde. Abbiamo un mondo da vincere”
“This Island” non è il primo video dei TV Priest e non è il primo ad affidarsi ad un animatore. La band ha esordito con il singolo di “House of York“, la cui clip è stata diretta da Mertcan Mertbilek & Yasemin Yasu. Per Drinkwater il brano affronta l’impatto “filosofico e psicologico” che la monarchia ha avuto sul suo paese: “L’idea di una famiglia storicamente nominata da Dio, ha definito il nostro paese sia in modo positivo che negativo. Ed eravamo interessati ai risultati meno positivi che questo senso di leadership ha generato, ovvero al modo in cui individualmente ci si sente una cosa sola tra causa nazionale e un insieme di diritti. Il Regno Unito potrà mai essere veramente meritocratico con i principi che stanno alla base della monarchia costituzionale? Noi crediamo di no“. La vicenda de La Casa di York e del duca Riccardo considerato da molti il vero erede al trono, la sua soppressione a Wakefield e l’inizio della Guerra delle due Rose, vinta successivamente dai Tudor, diventa una metafora per raccontare come “La storia e i miti siano nel migliore dei casi piuttosto abbozzati e nel peggiore, bugie costruite a beneficio dell’establishment, della classe dirigente e via dicendo. I diritti divini e le strutture di classe sono dispositivi coercitivi e dovrebbero essere separati e trattati come tali“.
Mertcan Mertbilek, che lavora spesso a fianco della pittrice Yasemin Yasu, è un animatore di altissimo livello che ha lavorato con artisti come Santana, Ray Charles, Ravi Shankar, Seether, Elvis Costello, Avi Kaplan, Crystal Fighters, Joseph J.Jones, Ghostpoet, solo per citarne alcuni. Per Tv Priest realizzano un video in “split” che passa in rassegna gesti e posture ripetute, legate alla quotidianità, al rapporto con la società e la famiglia. Nella migliore tradizione punk recupera quella relazione postmoderna tra segno grafico e lettering, enunciazione e pattern ripetibili, advertising e rovesciamento dei suoi stessi principi costitutivi. Sul muro di feedback costruito dalle chitarre di Alex Sprogis e il clangore metallico degli strumenti, emerge la coda innodica di The Star-Spangled Banner, mentre Drinkwater soffoca in gola: “This is not my national anthem / This is not my national anthem”
Secondo singolo e secondo video a uscire in ordine di tempo è “Runner Up“, splendida traccia molto vicina allo spirito di Mark E. Smith e dei The Fall. La clip è un mix tra found footage industriale e una falsa soggettiva realizzata con una body camera piazzata sul carrello del supermercato. Ideato e montato dagli stessi Tv Priest è uno splendido esempio creativo DIY basato sulla collisione tra digital art brutta e frammenti di una televisione senza più palinsesti. “Affronta sentimenti e modelli di esperienza vissuti da un cittadino di una nazione globalizzata e tardo capitalista – ha dichiarato Charlie Drinkwater – parla quindi di elettrodomestici, ma anche di etica del lavoro secondo una prospettiva protestante, del senso di colpa cattolico, dei giochi a premi, del divieto di ballare durante il Natale, dei garage per quattro auto, dei pasti in offerta, dello spam, delle lotterie […] Moto perpetuo di un modello economico che alimenta il senso di inadeguatezza nell’individuo. Un modello che cerca di privarci di quelle connessioni umane più profonde con persone, luoghi e cose, spingendoci a generare enormi redditi per una piccola percentuale della popolazione. Ottenere nuove cose, nuovo lavoro o una nuova macchina, non è mai abbastanza, perché il vero oggetto di ciò da cui sei attratto, rimane fuori portata, con gli ultimi modelli aggiornati che sfilano davanti ai tuoi occhi. Un modello che ci costringe ad esser complici e a diventare ipocriti. Con l’upload di questa canzone, aiutiamo in modo diretto e incrementale i flussi di entrate di un gruppo di multinazionali che non hanno alcun interesse reale a mettere in contatto le persone, al di là dell’insieme di dati che servono loro per stabilire le attitudini di acquisto con l’analisi del comportamento predittivo. Runner Up è una risposta a tutto questo, un mosaico di osservazioni su cosa significava vivere e lavorare in una Gran Bretagna pre-pandemia, forse una Gran Bretagna che potrebbe non esistere più”