domenica, Novembre 17, 2024

Viadellironia – Figli della storia, il videoclip di Maria Mirani in anteprima esclusiva

«Figli della storia» è il secondo estratto da "Le Radici sul soffitto" , album d'esordio di Viadellironia, ensemble tutto al femminile prodotto da Cesareo, chitarrista di Elio e Le Storie Tese per la sua Hukapan. Il videoclip diretto da Maria Mirani, voce e chitarra di Viadellironia, è su indie-eye da oggi in anteprima esclusiva, oltre ad un'intervista dedicata al making of.

Si intitola «Le radici sul soffitto» il primo album di Viadellironia. Realizzato nell’ambito del programma “Chi crea” con il sostegno di SIAE e MIBACT e prodotto da Cesareo, chitarrista di Elio e Le Storie Tese insieme all’etichetta Hukapan, consente alle quattro musiciste di mettere a frutto le precedenti esperienze attraverso una raccolta di dieci canzoni. Maria Mirani (voce e chitarra), Greta Frera (chitarra), Marialaura Savoldi (batteria), Giada Lembo (basso), raccontano meglio di altre e di altri lo scollamento con l’esistente, attraverso una scrittura poetica, feroce e intensissima, che supera la cornice del cantautorato, accogliendo numerose contaminazioni, dalle canzoni di lotta, al punk, passando per una personalissima rilettura della tradizione popolare.

Viadellironia – Foto di Dorothy Bhawl

Dopo il videoclip di «Ho la febbre», brano che vedeva la partecipazione di Stefano “Edda” Rampoldi, Maria Mirani torna a dirigere e a produrre personalmente il secondo videoclip estratto dall’album, per la traccia intitolata «Figli della Storia».

La Mirani, la cui formazione presso l’accademia Di Brera è di natura storico-artistica, oltre che legata all’approfondimento dei linguaggi e delle tecniche video-cinematografiche, si è occupata e si occupa di video arte e ha realizzato alcuni cortometraggi.

A lei e alle sue compagne di viaggio abbiamo chiesto di raccontarci la lavorazione di «Figli della Storia», atipico e intenso lavoro tra found footage e autoritratto, che presentiamo in anteprima esclusiva su indie-eye Videoclip.

Viadellironia – Figli della storia – Il videoclip diretto da Maria Mirani

Viadellironia, ascolta «Le radici sul soffitto»

Maria Mirani in rete

Viadellironia, Figli della Storia. Il making of del videoclip

Potete raccontarci la pre-produzione e come è stato concepito il video?

Maria Mirani: Ho lavorato io al videoclip. Questa decisione nasce da una necessità espressiva legata al primo lockdown. Progettavamo di far uscire il singolo di Figli della Storia in estate, o nella prima parte dell’autunno. Non sapevamo esattamente che tipo di produzione avrebbe incontrato il videoclip per motivi eminentemente logistici e pratici, legati alla precarietà della situazione, alle limitazioni, all’ impossibilità di spostamento. D’altra parte il particolare clima di questo brano era predisposto ad una tecnica cinematografica spuria e anti-sensazionale, privata. Ho quindi deciso di lavorare al video io stessa, chiedendo alle ragazze di fornirmi delle riprese individuali il più possibile uniformi a livello di taglio e di grana. Ho steso uno storyboard trifronte a livello di linguaggio e di natura dell’immagine, comprendente un primo metraggio di sequenze molto strette del playback di ciascuna, girate con smartphone, anche perché la povertà dei sistemi di ripresa è qualcosa con cui è necessario avere a che fare in queste situazioni. Ho poi deciso di girare delle sequenze dei nostri volti invecchiati attraverso una di quelle applicazioni comunemente utilizzate per ridere del fatto che tutti i nostri volti prima o poi saranno vecchi e cadenti. Queste sequenze in stop motion parodiano il cinema primitivo in virtù dello sguardo in camera, per esempio il famoso finale di The Great Train Robbery o certi close-up ultra espressivi di Griffith. Infine, mi sono procurata dei filmati di famiglia risalenti al 1994-1995, digitalizzati.

Viadellironia – Le Radici sul Soffitto. L’artwork dell’album realizzato dal talentuoso artista bresciano Dorothy Bhawl

Ecco, a questo proposito, i filmati di cui parli che storia contengono?

Maria Mirani: sono tutti filmati domestici girati da mio padre o da mia madre. Mi rendo conto che quanto sto per dire rappresenti un aspetto psicologico, un fattore personale e non un ingrediente impresso, per così dire, nella sostanza del videoclip; ma insomma il giardino che compare in quel footage è lo stesso che ha ospitato me e Laura, la batterista di Viadellironia, nella primavera scorsa, proprio durante il lockdown e quindi durante la lavorazione al videoclip. E’ il giardino di una casa a cui voglio molto bene, e quelle riprese risalgono a quando avevo circa un anno. Il bambino che annusa i fiori è mio fratello Francesco.

E quindi lavorare con immagini così vicine al tuo vissuto cosa ha significato?

È stato molto intenso lavorare con tali immagini esattamente in quella casa, in quel giardino. Si è creato un cortocircuito, una discronìa, che forse non concorre alla sintassi del videoclip, nella misura in cui non compaiono mai riprese odierne del giardino, ma che giace nel tema della canzone e in un certo spleen, nel senso del tempo, che si trova in alcune inquadrature e nei miei occhi. Ero molto triste in quel periodo. D’altra parte non ero nemmeno certa fosse corretto opporre l’idea di un set a un footage di 25 anni fa. Sarebbe stata una scelta piuttosto naive, in realtà, un montaggio scopertamente sentimentale, e non volevo questo. Bastava l’immagine di mio fratello che annusa i fiori a dare il senso del tempo, e bastava che sapessi io che mi trovavo esattamente in quel posto. I close-up sui nostri volti non fanno capire dove ci trovassimo.

I close-up dove li avete realizzati?

Maria Mirani: ho commissionato alle ragazze il playback di Figli della Storia selezionando alcuni tagli strettissimi dall’alto e dal basso dalla Passione di Giovanna d’Arco di Carl Dreyer. Alla fine ho preferito usare riprese quasi sempre parallele a terra. Ma quell’effetto di isolamento dallo spazio circostante e di noncuranza verso il mondo dato dal primissimo piano, che ho mutuato dalla Giovanna d’Arco, ha consentito di uniformare i nostri volti e i nostri playback, e di dare una specie di ridondanza espressiva, tipica di quel cinema. In pratica avevamo a disposizione solo le nostre facce, non siamo attrici.

Greta Frera: In realtà io ho interpretato un grande Re Giorgio in quinta liceo, che mi rese quasi celebre, ma in effetti non ci siamo mai dovute industriare a girare nulla da sole, senza figure professionali di riferimento. Eravamo divise, ciascuna a casa propria, a causa della chiusura. A parte Maria e Laura, che vivono insieme.

Maria, prima hai parlato dei vostri volti modificati e invecchiati. Puoi approfondirne il senso?

Sì, ha un significato preciso. Quei brevi frammenti di noi da vecchie funzionano come dei promemoria, o come delle allegorie. E’ come se, nel flusso serrato delle nostre facce giovani, ci fossero delle rotture, delle fughe di tempo. I nostri volti da vecchie funzionano come dei mostri, o come il personaggio della morte nella stampa di Dürer con il Cavaliere, che è giovane e ambizioso, ma che si porta dietro un vecchio con la clessidra e un mostro che lo deride. In questo senso le vedo come delle allegorie, in senso diciamo iconologico. Avevo chiesto alle ragazze di ridere, di fare smorfie. Volevo che le nostre facce vecchie sfottessero e irridessero la mia infanzia e la nostra giovinezza. Come il mostro di Dürer in quella stampa.

Ci sono alcune similitudini tra questo video e quello realizzato da Maria per “The Partisan”, la cover di Leonard Cohen che avete pubblicato l’aprile scorso

Maria Mirani: è vero, ci sono delle grandi somiglianze! In sostanza la modalità produttiva è stata la stessa, con l’aggiunta di un green screen e del template di una televisione. Ho lavorato a quel video nella stessa identica situazione di Figli della Storia. Credo proprio di avere lavorato prima a Figli della Storia. Nel video-cover di Cohen ho inserito la televisione per sottolineare la natura documentaria, da notiziario, del contenuto del footage che ho trovato su Creative Commons.

Il found footage è una forma che vi interessa? perchè?

Sì, è decisamente una tecnica che ci interessa. Mi piace il cinema che lavora con il found footage perché ha sempre un rapporto obbligato con la storia. E’ la messa in scena stessa della storia, e questa è una tecnica che trovo molto affascinante. E’ una forma di ready-made storico con cui l’autore può scegliere se interagire o meno, creando dialettiche con immagini lontane, o con la sola manipolazione del metraggio pre-esistente.
La mia attitudine viene dalla video art, e in quel contesto di comunismo delle forme la pratica del found-footage viene dispiegata spesso. Nel caso di The Partisan ho pensato all’opera di Yervant Gianikian e di Angela Ricci Lucchi, nel caso di Figli della Storia ad Alina Marazzi.

Viadellironia – foto di Dorothy Bhawl

Come è stato lavorare al video in tempi di limitazioni strettissime e ostacoli enormi per i set e i
creativi in generale?

Giada Lembo: Non potendo incontrarci ci siamo dovute arrabattare in qualche modo.
Pensavo di potermela cavare in poche ore, ma ho impiegato due giorni interi per fare quelle riprese in playback.
Ho selezionato la stanza più buia della casa e ho fissato il cellulare su un piccolo cavalletto; mi mancava solo la luce. Ho recuperato una piccola abat-jour, una di quelle senza supporto, ma ho faticato molto perché, dovendo reggerla per tutto il tempo con il braccio teso verso l’alto, sono stata costretta a fermarmi ogni due minuti perché il braccio tremava.
Maria ci inviava degli schizzi a matita su come tenere la luce per ricreare le giuste ombre sul volto. Sembrava semplice sulla carta, ma dovendomi arrangiare da sola è stato molto impegnativo.
Luce bassa, luce alta, luce obliqua; insomma, la ricerca della giusta luce ha richiesto il suo tempo.
Ho pensato all’espressività di Joan Crawford e alle suggestive, quasi tetre, inquadrature in primo piano del cinema muto. Direi che ho fallito miseramente, ma mi consola pensare che William Wellman avesse sicuramente un supporto per la luce e che la Crawford non se la tenesse da sé!

Greta Frera: Per agevolare l’espressività, Maria ci ha chiesto di truccarci. E lì è stato un dramma. Non avendolo mai fatto prima e non disponendo di attrezzature adeguate mi sono arrangiata con una matita azzurra per gli occhi. Il risultato è che tutte sono truccate a modo e io sembro il mostro verdastro della laguna.

Marialaura Savoldi: È stato un po’ difficile e a tratti divertente. Io e Maria ci siamo trovate senza attrezzatura adeguata, senza luci e senza una vera camera. Ci siamo ingegnate a creare un set di fortuna in casa, consistente in una piccola luce Ikea appesa alla finestra, e abbiamo affidato la ripresa alla camera del cellulare. Il computer mandava in loop il brano e io e Maria abbiamo ripreso il playback.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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