Nel passaggio da VHS a DVD, una delle caratteristiche negative che non è riuscito a salvare neanche il feticismo nostalgico, era rappresentata dall’attitudine a forzare il formato delle opere cinematografiche per la fruizione su schermi 4:3, i più diffusi per tutti gli anni ottanta. Il bruttissimo ricordo delle copie “scannate” ogni tanto si è riaffacciato con edizioni curate e trasferite con il culo, dove si è tentato di far cassa semplicemente sfruttando il catologo senza alcun investimento in direzione di un miglioramento qualitativo. Intendiamoci, è un problema enorme che affligge buona parte dell’home entertainment in Italia, tranne rarissime label, ovvero la scarsa cura nell’allestire edizioni al passo con la tecnologia, tanto da occupare un posto di retroguardia rispetto a rimasterizzazioni, restauri e aggiornamenti che al contrario caratterizzano la qualità delle edizioni inglesi, tedesche, francesi e statunitensi.
Ma non è questo l’oggetto della nostra breve analisi, quanto l’esplosione dei Video Verticali in ambito creativo, guardata a lungo con sospetto anche per le ragioni appena descritte. Conquistato il 16:9 come proporzione più adatta per vedere un’opera audiovisiva, videoclip inclusi, l’affermazione di YouTube come piattaforma principale per la diffusione di video legati alla promozione della musica, è andata di pari passo con il cambio radicale di priorità delle televisioni tematiche, MTV in testa. In questo contesto, le difficoltà di visualizzazione di un video verticale hanno dimostrato una integrazione difficoltosa dei dispositivi mobili con le necessità promozionali, creando un cortocircuito molto simile alla visione de “Il gigante” di George Stevens in una versione ridimensionata per gli schermi quadrati; come a dire, o un video Verticale viene pensato e concepito alla radice, oppure è un formato inutilizzabile.
Se su YouTube e sullo schermo del proprio computer, i video verticali occupano solo una porzione dell’area visibile, da TikTok alle stories, il formato si è imposto come un diretto prolungamento dei dispositivi mobili e una naturale adattabilità della visione all’ergonomia di uno smartphone. Tant’è, su Instagram, il problema è diametralmente opposto a quello di YouTube e una clip 16:9, pur pubblicabile sia su Reel che su IGTV, non si adatta alla fruizione immediata.
L’introduzione di Canvas, applicazione destinata ai creativi e agli artisti presenti su Spotify, ha seguito le sperimentazioni della piattaforma messe a punto prima insieme a Selena Gomez, successivamente e in modo più mirato con Billie Eilish e la sua “experience” visuale.
Brevi clip associate ad un brano, spesso in forma di loop, che estese a tutta la tracklist di un album, assolvono la funzione che un tempo era affidata alle cosiddette “liner notes” di un Long Playing. Quest’ultima funzione, nel tentativo di trasformare lentamente le piattaforme in wiki autosufficienti, Spotify sta cercando di incoraggiarla con la recente introduzione di Songwriter Pages, dove sostanzialmente è possibile sapere qualcosa in più sui crediti e i dettagli di un brano, in forma interattiva, mentre i video verticali sembrano aggiungere, in una direzione complementare ed aumentata, aspetti che riguardano il making di un video o il senso di un brano espresso in termini visuali.
Senza soffermarsi su lessico e qualità, i riferimenti sembrano ancora molto vicini alla fisiologia delle app per smartphone, con tutto il peso confidenziale della quotidianità.
Da questo punto di vista è interessante esaminare le regole e i parametri tecnici consigliati per lo sviluppo di una clip su Canvas, le cui regole ricordano la stessa normatività imposta da MTV negli anni ottanta, quando la libertà creativa doveva muoversi entro una parametrizzazione ben precisa.
L’utilizzo di Canvas su Spotify è possibile solo per chi possiede un account artista. I suoi video sono oggetti autonomi che non vengono sincronizzati con i brani della libreria, per questo il lyp sync e l’idea di una clip che metta al centro il cantato è completamente abolita. L’azione deve essere centrata perfettamente sull’asse verticale, sia per le proprorzioni dello schermo, ma anche per la presenza dei controlli che normalmente sono posizionati sulla seconda metà più bassa. I video ovviamente devono essere girati e post-prodotti in formato 9:16 e non superano gli otto secondi di durata.
L’aspetto più interessante è legato alla possibilità di creare un flusso narrativo che non si fermi ad un brano singolo, ma che possa attraversare tutto l’album, traccia dopo traccia, in modo che le brevi clip, in qualche modo, dialoghino tra di loro, per creare qualcosa che sfrutti l’impatto immediato dei pochi secondi a disposizione, ma anche una relazione più attiva con altre clip.
Il loop è la cellula base per sviluppare le clip, spotify ne individua tre: The Continuous Loop, il cui risultato è quello di una GIF senza inizio ne fine, The Hard Cut, con tagli di montaggio definiti, ma che possono essere mascherati ad arte ed infine The Rebound, che gioca con il tempo della sequenza, avanti e indietro, invertendola.
A questo proposito sono nate piattaforme come Rotor, che consentono lo sfruttamento di librerie video già pronte o più direttamente l’impiego delle proprie, per guidare in modo semplice gli utenti verso la creazione di una clip di otto secondi che soddisfi tutte le caratteristiche richieste da Spotify Canvas. Rotor è la via più semplice, rispetto all’utilizzo di software per il montaggio non lineare come Final Cut Pro X o Filmora X che consentono, con un controllo maggiore, di elaborare video per le Stories e per Spotify Canvas.
Reel di instagram, con la possibilità di caricare video di 60 secondi è a nostro avviso l’opzione migliore per i video verticali, se lo scopo prefissato è quello di elaborare una strategia visuale creativa. Nell’utilizzo più immediato, consente di riscrivere la promozione aziendale e di un brand, sfruttando una rotazione che in termini di visualizzazioni, rispetto a YoutTube, può essere più efficace e di maggior impatto, soprattutto sulla breve distanza.
Anche i creativi e i filmmaker possono sfruttare in modo intelligente lo strumento, utilizzando in modo totalmente legale la libreria musicale a disposizione su Instagram. L’associazione di un brano ad una clip caricata su Reel, come sappiamo, non viene fatta su una timeline dove usualmente è consentito decidere al millimetro il sync tra immagine e musica, ma è possibile, in fase di post produzione e se si usano programmi di montaggio non lineare, isolare i sessanta secondi interessati durante l’editing sul proprio computer e successivamente caricare una clip muta, da associare a quegli stessi sessanta secondi di musica, questa volta aggiungendo il brano dalla libreria di instagram e associando lo stesso punto di attacco.
Sto sperimentando le funzioni, per creare brevi videoclip pensati ad hoc per il formato verticale e destinati a sfruttare la libreria di Instagram, non solo perché mi sembra che nessuno al momento lo stia facendo, ma anche perché sono convinto si tratti di uno strumento formidabile a livello creativo.
Al momento, sul mio profilo @michelefaggi di Instagram, nella sezione reels, ho pubblicato quattro video verticali, con le musiche di Wildbirds & Peacedrums, Peter Gabriel, Madonna, Johnny Cash e non escludo collaborazioni più mirate, in sinergia con alcuni musicisti del panorama internazionale.
Oltre ad utilizzare lo spazio a disposizione, splittando l’area verticale e servendomi di un montaggio disgiuntivo basato sulla ripetizione di frammenti collocati in posizioni successivamente diverse, così da rompere quella relazione tra selfie e video verticale, cerco di capire se il formato mi consenta o meno di espandere il punto di vista, usando lo spazio e l’immagine al servizio di modalità narrative poco battute nei video musicali, tra cui quella legata alla simultaneità dei frammenti. Oltre a questo, con un account creator posso scegliere da una libreria musicale vastissima, cercando di promuovere per un pubblico più vasto, visuals da me creati.
Questa ipotesi di utilizzo di Reel, oltre a servirsi del formato video nativo per Instagram, è a mio avviso una via interessante per diffondere idee visuali e lavori creativi, ma potrebbe essere sfruttata in sinergia con artisti del panorama musicale, per creare uno spazio di convergenza alternativo a quello del videoclip per come lo fruiamo oggi.