“Villa” è la sigla dietro al quale lavora Roberto Villa, bassista dei Ronin e collaboratore di Giacomo Toni, Emma Morton, Vince Vallicelli, Don Antonio e The Gang.
Nella sua città natale, Forlì, ha fondato un’etichetta discografica che è anche sala d’incisione completamente analogica. “Torbido” esce infatti per “L’amor mio non muore” ed è il secondo singolo che esce con il suo nuovo moniker.
Tra desert rock, atmosfere minimale e neoclassiche, la musica di “Villa” è intima e oscura allo stesso tempo. A promuoverla, le immagini realizzate da uno specialista della clay amimation come Cristoph Brehme.
Tra macrofotografia e stop motion, il video di “Torbido” è una visione ravvicinata del ciclo vitale della natura realizzata con un sorprendente approccio organico. Mantiene in questo senso una qualità dell’immagine quasi “scientifica”, ma la apre al senso della meraviglia come se fosse un racconto fantastico. La memoria corre verso le avanguardie che lavoravano con i linguaggi di consumo, come per esempio le immagini animate realizzate da Alexeieff nel contesto dell’advertising.
“Con Villa funziona così: ascolto la sua musica e mi viene subito un film intero in testa – ci ha detto il regista di Potsdam, attivo a Forlì – Volevo rendere l’idea di una città, di costruzioni umane e inumane che pian piano spariscono. Mi piaceva l’idea dei blocchi di ghiaccio e della cera, due elementi naturali, che si sciogliono. Ho fatto le foto di ghiaccio e di cera per un mese; all’inizio non andava proprio come avevo immaginato e ho cercato qualcosa che sostenesse i blocchi di ghiaccio. Ho pensato al riso nero; dopo qualche giorno sono cresciuti germogli. L’effetto non previsto, era molto bello e ha aggiunto molto al clip. La natura che cresce, che trova sempre una maniera per crescere, per andare avanti, anche se noi distruggiamo tutto.
Attraversato da ardite e coraggiose ibridazioni “Torbido” è “un brano che ha vissuto diverse vite – ci ha confidato Roberto Villa – É nato come ballad jazz, dal sapore shorteriano; in seguito è arrivata questa versione. Una sorta di Fausto Papetti in acido che dialoga con un pianista in loop ossessivo e un chitarrista che non lo vuole ascoltare”