Dietro il moniker Wise Blood, mutuato dal noto romanzo di Flannery O’Connor del 1952 e dal quale John Huston ha tratto uno dei suoi film più belli, si nasconde Christopher Laufman, produttore di Pittsburgh, musicista, piccolo alchimista che ci aveva già provato ottenendo notevole attenzione da parte della stampa di settore circa due anni fa, poi scomparso nel niente.
Torna adesso con un nuovo album pubblicato da Dovecote Records proponendo un pop estrogenato da una totalizzante estetica del campionamento, muovendosi con disinvoltura entro territori ruffiani e anche banali che potrebbero far pensare ad un Eminem più attento ai suoni e molto meno al linguaggio del corpo mediale.
ID è in effetti attraversato da tutto quello che possa spingersi sui confini dell’inno; gospel, R’n’B, pop, hip hop, e un interesse impressionante per i suoni del consumo di massa, come cellulari, rumori a cui siamo abituati, voci dai mass media, il tutto frullato in un mash-up consapevole, divertente e a volte spiazzante, proprio per la frequenza con cui utilizza questa massa di informazioni difficilmente codificabile dopo un primo ascolto.
Sotto questa marmellata, c’è un’indubbia capacità produttiva nel lavorare ai brani, equilibrati tra questa complessa tessitura orizzontale, e una struttura verticalmente pop, che inserisce le regole del genere con una chiarissima intenzione di arrivare ad un pubblico abbastanza vasto, ad eccezione di episodi come 8PM 10AM, 0.0.1 $ e pochi altri, sbilanciati verso uno sperimentalismo più ambient a sfavore della comunicatività pop che sembra l’obiettivo di Laufman, confermato anche da un uso dei testi divertente, ironico, ludico.
Se a volte sembra difficile mantenere la concentrazione tra i due livelli, il risultato è indubbiamente interessante, e ci consente di salutare Wise Blood come un progetto rinato ai massimi livelli e da tenere assolutamente d’occhio.
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