“The dream is over, so he’s starting a new dream”: così i tipi di Drag City sintetizzano nella press release di Wot la nuova visione del californiano Mike Donovan, a pochi mesi dall’annunciato scioglimento dei suoi Sic Alps. Una carriera solista ritrovata, quella di Donovan, che tra le tante collaborazioni dentro e fuori San Francisco pubblicò di sfuggita nel 2004, anno dell’uscita del primo EP dei Sic, una cassetta a suo nome, Hippy’s Putting The Band Back Together. Sin dal simbolico centramento della simil-bandiera degli Stati Uniti in copertina, un chiaro richiamo alla minuscola bandiera in margine all’ultimo, omonimo dei Sic Alps, Donovan sembra voler reclamare per sé uno spazio di approfondimento. E infatti il disco interloquisce sì con la discografia e il lascito dei Sic, ma rilanciando Mike come singer-songwriter, mettendo in primo piano uno spirito da cantautore duttile e trasversale.
Donovan si reinventa attraverso il recupero delle proprie radici blues e folk-rock, una formula di certo non inedita o sorprendente per il trapasso band-carriera solista, ma che in Wot risulta convincente in più momenti. Le influenze sono tutte 60s e 70s, come già lasciavano intendere gli stessi Sic Alps nella loro progressiva migrazione dal garage rock sferzante dei primi dischi alle più recenti, armoniose sperimentazioni. Oltre alla bella cover dei The Pretty Things (o The Electric Banana, per esser precisi) A Thousand Ages from The Sun, che svuotata di ogni orpello viene affidata a una chitarra scarna e un Mike in versione cantautore solitario e accorato, il blues del singolo apripista New Fieldhand Bop risale lungo le rive del Mississippi, mentre Do Do Ya? e Sic Ballad evocano gli Stones e tentano qualche accenno di psichedelia.
Tra piccoli stralci strumentali all’acustica (la bucolica Baroque Ass e George Guitar Bit, accompagnata dalle trombe) e blues intrisi d’ironia (MP3 Farm, Sexual Re-assignment Surgery Blues) Wot regala i suoi momenti migliori quando Donovan non si preoccupa tanto di risultare autentico e compassato in relazione ai suoi riferimenti (la cover di Still In Town di Johnny Cash suona più soporifera e didascalica che emozionante quanto vorrebbe), ma quando è il suo cv da trickster consumato a interloquire con la ritrovata vena cantautoriale. Un primo saggio di eclettismo, Wot preannuncia uno svolgimento ricco di sorprese. Dream on!