“Probabilmente questo è il posto più incredibile dove io abbia suonato”.
Queste le parole di Guy Garvey che con i suoi Elbow ha presenziato come ospite del festival Tener-a-mente 2017. In effetti il Vittoriale degli Italiani è una location che non può lasciare indifferenti i musicisti che anno dopo anno si susseguono sul palco; il profilo della rocca di Manerba, i riflessi lunari sulla superfice del Benaco e, di fronte al palco, gradinate di pietra che si fondono nella vegetazione rigogliosa dei giardini della reggia dannunziana, non possono che lasciare piacevolmente sbigottiti i presenti.
La band di Manchester si dispone sul palco con puntualità invidiabile, carica di un repertorio che vede sette album all’attivo, l’ultimo dei quali, Little Fictions, pubblicato a febbraio.
Sette album come sette i musicisti sul palco che attaccano subito con alcuni classici della band: Any Day Now, The Bones of You, scaldano fin da subito gli animi dei presenti. Un concerto intimo e alquanto dialogato; Garvey non disdegna gli scambi coi presenti, scandisce senza fretta le frasi inglese risponde ai baldi che fra il pubblico gli rispondono a loro volta, dirige i cori e le coreografie aeree delle mani.
La distanza fra palco e platea non è mai stata così breve e fittizia. Con il braccio sinistro perennemente proteso verso l’orizzonte, Garvey troneggia sul palco scaldando con la sua voce possente i pezzi più attesi come Magnificent (She says) e Mirrorball.
Giochi luce e firmamenti artificiali proiettati al di sopra del palco completano il set del live. Alle spalle di Garvey, Mark Potter, piccolo e fedele chitarrista, non sgarra un colpo nonostante gli abbondanti giri di birra che pezzo dopo pezzo accompagnano il palmares dei cambi di chitarra.
Un concerto denso e ben interpretato dove la teatralità di Garvey e soci compensa il pattern sonoro del repertorio Elbow talvolta ripetitivo e eccessivamente didascalico.