Un importante punto fermo qui al Rototom Sunsplash di Benicassim sta nel fatto che ogni sera, sul main stage, ci sia un interprete del reggae primigenio. Martedì sera è stato investito di questo ruolo Clinton Fearon. Questo signore sulla sessantina è sul pezzo da un bel po’ e ogni volta che si esibisce sembra che per lui sia sempre la prima volta. Come quando cantava e suonava con i Gladiators. Stesso vigore, stessa energia positiva sprigionata come fosse un alone di vitalità sul pubblico, orgoglioso di trovarsi sotto quest’aura. Che si crea inevitabilmente quando dalle corde partono pezzi solari come Follow The Rainbow o impegnati al pari di Richman Poorman e We Shall Overcome. Non è un caso, dunque, se proprio durante la sua esibizione si sia tenuto un momento molto intenso, con il breve intervento e la testimonianza di un ex prigioniero di Guantanamo con la voce rotta che si ritrovò in questa condizione senza una reale ragione, tornando libero solo dopo diversi anni senza mai sapere quali fossero le accuse che gli venivano mosse. “Fight for your freedom! Stand up for your rights!” è stato il suo saluto, contraccambiato dal boato del Sunsplash.
Hanno suonato invece per la prima volta al Rototom i Sierra Leone’s Refugee All Stars, arrivati sul main con un pezzo travolgente, “onorati” di trovarsi al festival. Come si evince dal nome, questa band è tutta composta da rifugiati che ripararono in Guinea durante la guerra civile in Sierra Leone, paese nel quale tornarono nel 2004 e in cui ripartirono a vivere e suonare per aumentare la consapevolezza sulle questioni umanitarie in Africa. Anche in questo caso il reggae è messaggio di pace e solidarietà. La world music dei Refugees, nasce come baskeda, genere del loro paese molto affine al reggae e attraverso il quale si internazionalizza, riuscendo comunque a mostrare la strada attraverso un sound africano fino in fondo, a tratti non troppo affinato ma che li contraddistingue positivamente.
Anche il repertorio del madrileno Morodo si inserisce perfettamente nella variegata cornice musicale del Sunsplash, tra reggae e hip hop per un niyabingi style dove il basso regna sovrano e, a sprazzi, fanno la propria apparizione sax e chitarra elettrica, mai troppo scontati nel settore. Popolare in patria, Morodo è sulla scena ormai da qualche anno e ciononostante continua a essere un artista che con la sua band va a occupare una nicchia di genere non troppo presidiata, Mas Yama docet.
Il main stage, tuttavia, è diventato bollente quando è arrivato sotto i riflettori Barrington Levy. La leggenda rivive al Sunsplash e così è ancor di più se lo show è introdotto da un lungo medley di goldies che culmina con un’immensa Collie Weed. Come sempre Levy è protagonista sul palco come mai, sia quando ripropone pilastri come Murderer e Black Roses, sia quando prende e regala alla folla il suo ultimo album-progetto, Acousticalevy.