Ryan Adams è un umorale, dispotico e capriccioso nerd. Ed è anche un musicista più che sopraffino dotato di una voce che dal vivo sorprende per la sua profondità e potenza, oltre ad essere un grande interprete del proprio repertorio.
Per chi ancora avesse dei dubbi su ciò, il concerto del 12 luglio all’Anfiteatro del Vittoriale (Gardone Riviere, Brescia) avrebbe sciolto ogni ulteriore riserva. Al centro di un palco apparecchiato come se dovesse accogliere una maratona di game of thrones con felini impagliati a fare da guardia ad un impianto monumentale e una piramide di vecchi televisori iridescenti, Ryan Adams ha tenuto banco per quasi due ore di concerto.
Abbandonato il classico giubbino di jeans e stretto dentro una delle magliette ufficiali del suo tour, Adams non smentisce le voci che negli anni lo hanno descritto, iniziando proprio dalla sua: “Forse talvolta sono uno stronzo. Forse no. Penso che molte persone siano stronze almeno una volta nella vita”.
Un po’ stronzo, ammettiamolo, Ryan lo è quando punzecchia il pubblico ironizzando biecamente sulla scarsa capacità della folla di capire le sue arguzie pronunciate in inglese. Ma lo è sicuramente molto di più, ma stavolta con molte più ragioni, quando interrompe bruscamente le note di When the stars go blue decisamente infastidito da uno spettatore delle prime file molto più occupato a filmare il concerto che a ascoltarlo e intimando il malcapitato a slittare nelle retrovie cedendo il posto ad un più qualificato fan.
Insomma, un siparietto da vera rock star prima donna che non può che gasare ancora di più tutti i presenti. Detto ciò, le schitarrate di Ryan proseguono energiche e decise, dilaniando il pubblico con Do You Still Love Me?, velocizzando Prisoner rispetto alla versione dell’album e inserendo molti dei brani contenuti nelle b-side dell’omonimo album come per esempio Doomsday.
A mezzanotte inoltrata il concerto si chiude, senza bis, convenevoli o ritorni sul palco ma concludendosi con il tanto atteso stand up corale sul riff di New York New York.