Dopo l’ispiratrice riesumazione, artistica s’intende, di Eraclito, un’altra formazione si affida alle personalità eccentriche della storia per definire la loro identità. Eliogabalo fu a capo dell’impero romano per meno di vent’anni: il tempo di assumere la fama di gay e addirittura transessuale e di aver soffocato ospiti di un suo banchetto attraverso montagne di petali di rose. Nessun insegnamento filosofico illustre ci è stato lasciato da questa eccentrica personalità da poter riutilizzare per delle canzoni due millenni dopo; e vista la caratura macchiettistica del personaggio e quella più consistente del gruppo che ne prende il nome, gli Heliogabale, è solo un bene. Dedito al post rock di matrice grunge, tant’è che la loro strada si è incrociata con quella del guru Steve Albini, il quartetto francese cavalca la scena da ben quindici anni, da quando gran parte della linfa vitale dei generi suddetti era già stata versata e spalmata su vari lp. Questo sesto disco, dalla copertina inquietante e scioccante quanto quelle dei lavori precedenti che vi invito a osservare (n.d.r. questo è il loro sito ufficiale), è in parte molto manieristico, se non altro per il lungo periodo di attività alle spalle, sebbene riesca a offrire episodi efficacissimi. La voce sguaiata al punto giusto di Sasha Andrès divaga sulla melodia, accalappiando comunque l’ascoltatore nel momento del ritornello, con temi comunque seri (Q for Qing gioca con le parole King e Queen per affrontare il tema dell’omosessualità). Niente da dire neppure riguardo la parte strumentale, sincopata quando serve e che quando tira per le lunghe affida al sax l’arduo compito di divagare in solitudine. E’ un buon disco, che conferma come la maniera affidata a una leggera ispirazione possa dare comunque ottimi risultati.