venerdì, Novembre 8, 2024

Alain Weber – Hoover Cover (Poor Records, 2010)

Con Hoover Cover il musicista svizzero Alain Weber abbandona la postazione da Dj e la produzione di compilation, per recuperare le proprie radici classiche e confezionare un disco centrato sul pianoforte che rende omaggio alle sue variegate influenze. I tredici pezzi nascono come suites per colonne sonore o eventi religiosi e vanno fruiti tenendolo ben presente: ricercare una vena rock nel disco, nonostante la malia delle cover di Personal Jesus e di Indian Summer (Joe Dassin), condurrebbe a uno smarrimento certo, in un disco che di per sé già richiede un ascolto calibrato, lontano da facili coinvolgimenti. Gli arrangiamenti non sono sontuosi e nel complesso le composizioni prevedono un uso piuttosto minimale degli strumenti, il più delle volte quasi catatonico (Pyramids, Union Square,  la stessa Personal Jesus), eppure Hoover Cover spazia tra sonorità classicheggianti e cinematiche in modo spesso poco disinvolto, fluido, richiedendo una cooperazione attiva dell’ascoltatore per arginare l’indeterminatezza. Così ad esempio alle grevi atmosfere semi-cultuali di certi pezzi viene accostata una resa atipica di Indian Summer, latineggiante in filigrana e soffocata da rumorismi acquatici. I momenti più convincenti sono forse quelli in cui compaiono arrangiamenti d’archi dal profilo narrativo, funzionali a quell’atmosfera che il disco cerca di ricreare: è il caso dell’introduttiva You Can’t, dell’interludio Little Talk With Le Corbusier, perfetto per il palcoscenico di un teatro e della conclusiva, apocalittica Another World. Un disco per spettatori.

Alain weber su myspace

Redazione IE
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