Per una volta ritengo sia stato giusto buttare le parole al vento, negare che la loro esistenza sia fondamentale. Perchè comunicare non necessita sempre di parole, e se fosse possibile anche quello che provo ascoltando questo disco lo vorrei trasmettere per emozioni, il primo e fondamentale mezzo di comunicazione che l’uomo abbia mai provato. Ma in mancanza di supporti digitali fantascientifici che rendano ciò possibile, proverò a trasmettere al meglio quanto i Demodè hanno buttato giù in questa manciata di tracce strumentali, impacchettato in una confezione dai toni celesti e intitolato appunto Le Parole al Vento. Alla sezione ritmica tradizionale di batteria e basso elettrico, la band aggiunge piano, violino, clarinetto e sassofono, virando verso dimensioni non così classiche come si può a prima vista pensare. Il lavoro d’insieme è il punto forte perchè indispensabile: in questa orchestra ridotta la composizione viene curata ai minimi livelli, in Unobanana lo si vede verso la coda, fatta di interruzioni, segmentazioni, stop e riprese che abbisognano di più di una pagina con sopra quattro accordi in croce. La traccia appena citata ha sonorità accoglienti, da pop pubblicitario, quando in altri episodi si volge lo sguardo ai Dardanelli (Circense in apertura) o al Salento (Pizzica!), territori certo già battuti, ma il cuore pulsante dell’inventiva autoriale del sestetto di Udine dà nuova e autentica linfa alla produzione. Si sente Henry Mancini in Vecchiomondo, Hans Zimmer in Baciami Elvira, nomi non da poco, ma sono gli arrangiamenti a evocare questi numi senza che l’omaggio si trasformi in bestemmia.
Lucia Soramel clarinet
Claudio Colaone sax
Francesco “Checo” Zanon violin
Luca Laruina piano
Carin Marzaro bass
Alberto Zenarolla drums