Una babele di suoni, una macedonia di stili che non lascia indifferenti: il debutto di Xenia Rubinos è caciarone, virtuoso, prolisso, pieno di cose e tremendamente vitale. Forse non sempre perfettamente a fuoco, un po’ verboso, a tratti eccessivo, ma non bisogna dimenticare che si tratta, appunto, dell’esordio per questa giovane artista nativa di Brooklyn (ma di origini caraibiche).
Magic Trix è fatto di ritmi alt dance e schiumazza punk, di hip hop e di costruzioni math rock, di tropicalismi allucinati e di art pop dell’ultima ora, di sincopi e carezze soul. Il collante che tutto tiene e tutto traina è il drumming potente, ossessivo e variegato dell’italiano Marco Buccelli, co-autore anche di diverse composizioni. L’album vive degli strappi ritmici e dei vocalizzi tipici di gente come M.I.A. E Tuneyards, ma al contrario di costoro possiede anche una certa dose di energia non addomesticata, un taglio brusco che la fa stare ancora nell’underground di chi non teme le sperimentazioni. Per ascoltare un refrain che si faccia ricordare è necessario infatti arrivare alla quarta traccia: Hair Receding possiede grazia e pathos, animo soul e carica r’nb futuristica. Cherry Tree è una ballad stranita e straniante che maschera bene le proprie intenzioni, Pan Y Cafe ha una batteria aggressiva e vocalizzi schizofrenici ed a tratti rabbiosi, I Like Being Alone è forse la cosa più lineare dell’intero disco.
Come già detto il disco presenta diversi difetti, dovuti soprattutto all’eccessiva lunghezza di diversi brani che rendono alcuni momenti troppo confusi, ma tali difetti vengono compensati da una carica ed un’energia veramente notevoli, da una intenzione di suono che miscela con successo asperità indie rock/punk e grooves e beats sincopati non allineati.
Xenia Rubinos – Magic Trix
