Jannis Noya Makrigiannis, musicista di orgini greco-indo-danesi, è il principale titolare del progetto Choir of Young Believers, al quale collaborano diversi musicisti, la formazione si allarga o si restringe a seconda delle occasioni e degli eventi. Da sempre attivo nell’underground di Copenaghen, Markigiannis viene folgorato sulla via delle isole Samos dove, durante un buen-ritiro, concepisce l’EP d’esordio della futura band. Rhine Gold (secondo full-lenght) è animato da tristezze artiche, le stesse che spingevano Mattias (il protagonista di Che ne è stato di te Buzz Aldrin?) a voler scomparire completamente (vedi Radiohead, ‘How to disappear completely’), rinvigorite talvolta da sfrontatezze anglosassoni, talaltra da … teutoniche ed infine da improvvise folate di caldo vento mediterraneo. Le 9 tracce dell’album evocano un immaginario di gite in barca al largo del Mare del Nord, sotto un cielo grigio plumbeo e con una rigida brezza pomeridiana che, trasportando aria salmastra, agita il vento fra i capelli. Sezioni di archi (dal suono fin troppo simile ad un sintetizzatore) donano una cornice classica a divagazioni progressive sorrette da un’evanescente elettronica e dolci sproloqui di chitarre distorte. Ad arricchire questo tappeto musicale costruito ad arte si alternano chitarre acustiche indie-folk e percussioni appena accennate come in ‘Have I Ever Truly Been There?’ a batterie programmate stile new wave, ad esempio in ‘Paralyze’, o soffici linee di basso, vedasi ‘Paint New Horrors’. Psichedelie da 6 minuti che scorrono via con la facilità di un motivetto commerciale. Trasportati da una cantato lamentoso eppur delicato e coinvolgente, quasi assimilabile ad uno dei vari strumenti del “coro”, attraverso un viaggio negli angoli più malinconici e uggiosi della vostra mente. Un’esperienza alla quale non si può rimanere indifferenti.