La prima cosa che viene in mente guardando la copertina del nuovo Destroyed di Moby è il titolo di un altro album, pietra miliare della scena ambient alla quale lo stesso artista newyorkese deve moltissimo, Music for Airports di Brian Eno. Attraversando l’universo sonoro di Destroyed apparirà lampante come l’accostamento sia tutt’altro che casuale e, considerando che il cd edito da Little Idiot (label di Moby) verrà corredato da un libro fotografico (Damiani) sviluppato dal musicista, la fedeltà alle soluzioni avanguardiste e solitarie diventa un fatto. Moby ha progettato Destroyed in tour, fra camere d’albergo e backstage, registrando poi agli Abbey Roads di Londra con attrezzature analogiche vintage e un banco del ’72. Destroyed è un album notturno, un diario di bordo si diceva, tuttavia quello in cui si discosta più nettamente dal precedente Wait for me è proprio l’elemento ambient profondamente marcato, due anni fa Moby aveva dato alle stampe un album, per quanto malinconico, a suo modo carnale, delicatamente umano; Moby stava, chi può dire se consapevolmente, chiudendo un ciclo che lo aveva avvicinato moltissimo a certe sonorità inglesi (Richard Melville Hall stava persino per comprare i diritti di Control prima che il progetto giungesse a naturale approdo nelle mani di Corbijn) sia chiaro infatti che a Destroyed, bellissimo album descrittivo, manca una canzone struggente come Mistake o la torbida Shot in the Back of the Head. Be the one è il contatto, punto di convergenza fra l’ultimo Moby e il penultimo, memorabile l’elettronica pop vagamente altera che contraddistingue il lavoro del newyorkese dagli esordi. L’atmosfera diradata (from the airports?) accomuna l’apertura The broken places alla chiusura When you are old, squisitamente ambient, esattamente come Sevastopol, suoni analogicamente gelidi, Ken Thomas in primo piano (produzione e missaggio) molto vicino ai precedenti lavori con M83. In The low hum torna la voce femminile, brano di una raffinatezza meno dance che mai, pulviscolo sonoro coinvolgente, molta malinconia, The right Thing 15 arriva per normalizzare le cose, vecchio soul lunare alla Moby, come in Lie down in darkness, comunque meno riuscita. After si fregia di un buon crescendo elettronico, ritmiche accattivanti, ottime per il live, segue Victoria Lucas, pezzo più dance, suoni spaziali, voci robotiche, archi vagamente apocalittici, atmosfera plumbea, come dire, Faithless colonne sonore e modernità. In Blue Moon torna un Moby più cantante, wave, plumbeo, fra le influenze i New Order tirati a lucido. Cambio d’atmosfera per Stella Maris (un’altra?) questa è musica votiva sintetica mentre The violent bear it away si fa ricordare grazie al bellissimo ingresso del piano, risuona ancora l’eco degli M83 (o funziona all’inverso?), finalmente prende forma Lacrimae, un fantastico labirinto sintetico, melodia emozionante e minimale per un brano curatissimo, forse si tratta del nuovo Eno, forse un nipote di Fennesz, ad ogni modo, i giochi sono fatti. Destroyed, per concludere, non è assolutamente un’evoluzione di Wait for me, si tratta di un album compatto, a suo modo indirizzato, che funziona come un’avventura, segue strettamente le regole del viaggio, in fondo il messaggio in copertina reciterebbe per intero “Unattended luggage will be destroyed”, si tratta della tabula rasa per uno stile ormai regolato, eppure, regolato per la prima volta, quindi stupefacente.
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