Se immaginate il profilo myspace di un’adolescente che ha deciso di metter dentro tutti i brandelli della propria vita, stimoli esterni ed endogeni, gli scatti di una provocatoria sessione di bukkake organizzata tra vicini di casa, l’ossessione per la cultura apocalittica, due o tre foto di Sasha Grey, una conoscenza superficiale della cultura giapponese, Tolkien, esoterismo da supermercato, le colonne sonore di alcuni videogiochi, Madre Teresa di Calcutta, una discografia infinita di suoni electro, i vibratori di Ann Summers, la dipendenza dai giocattoli, i gadget, i peluche rosa e i falli serpente, David Lynch e Michel Gondry sullo stesso piano mitologico, Jeff Buckley; dovreste farvi un’idea della musica di Polly Scattergood. A metà tra melodramma e orrori quotidiani il suo album di debutto invece di palesare una confezione filologicamente impeccabile come quella di Duffy al lavoro sul repertorio di Dusty Springfield, è una miscela sporchissima di cultura popolare, ma non è il ridicolo sublime di Patrick Wolf. Pass me some pills and I’ll go to bed è tra i versi congegnati per scandalizzare; dopo esserci nutriti con le lacrime oscene di Julee Cruise, le liriche di Polly emergono pallidamente da un’insopportabile pop depressivo che suona quasi come un drone, la suoneria di un G3, uno stile compositivo che nei comunicati stampa cut and paste parla di Bjork, Tori Amos, P. J. Harvey ma che omette l’ultima tendenza Disney. Orribile, sublime, fa lo stesso.
Polly Scattergood su myspace