Se il panorama che adesso osservo dal piccolo abbaino del mio bivani avesse una cornicetta con dei coniglietti rosa che vi si arrampicano come scimpanzé, un po’ come i disegni che solerte immaginavo alle elementari, probabilmente questo Tratto da una storia che accadrà del ventottenne pratese Tomme, stanzierebbe pingue sul suo bel capitello di basalto, laddove v’è ancora spazio per i busti dei padri di tutta quella elettronica illuminata e faconda. Non saprei quanto distante dall’uno, dio e trino Richard D. James o dai capitani Rob Brown e Sean Booth. A dire il vero, non so se accanto a loro ci sia, o meno, dello spazio vuoto utile ma, di certo, se il mondo fosse un altro, anch’egli sfoggerebbe la sua bella sfilza di pseudonimi.
Molto distanti dalla folktronica e da tutta quella fuffa indefinita mista di dance punk e rock & roll, le 8 tracce di questo disco, che si susseguono senza il benché minimo passo falso, vivono di elettronica pura, matematica tanta e buon gusto, quanto basta per girovagare, pur nella sua essenzialità, nell’iperuranio IDM senza perderne le coordinate. Privo tuttavia di qualsiasi precipua intenzione di oliare chissà quale meccanismo ruffianamente attrattivo (quantunque sia assolutamente convinto che basterebbe un piccolo jingle ossessivo allo scopo), Tomme percuote e ripercuote i suoi tamburi come quel sequel in cui ad ogni melodia, pattern o glitch è assegnato un ruolo nello storyboard. Non musica per immagini ma musica vivente, sostanziale, corporea, che è essa stessa immagine. Un cast di primordine dunque, introdotto dalla prodromica Ninna nanna per un gemello che incede giocosa sui suoi bridge di pochi bit, tanto cari al mio Vic20 ed al talentuoso Trey Gunn, mentre la successiva Morse code fa spazio ad inserti vintage e sontuose aperture sognanti. Come se Gene Krupa o Buddy Rich regalassero a Squarepusher e Joahnn Joahnnsson una jam in un club newyorkese, dopo solo il primo drink. Jucas gioca con una scatola e Siedi hanno insieme il compito di schiudere il grande mondo delle piccole cose ed, all’uopo gentili, accomodano loops di piano tra tintinnii di vetro e metalli vari. Miss S è più operaia e ci traghetta verso la discesa finale tracciata dalle insofferenze ritmiche di 9 volte 1 e de Il pensiero del macchinista, convulse ed ammaliatrici quanto gli Orka a spasso con Marco Minnemann, con quel pathos tendente ad infinito à la Pigbag. Un disco delizioso. Promosso dalla TRB Promozioni. Ancora una volta Trovarobato. Ancora si.
Nessuna cornicetta e men che mai l’ombra di un coniglio rosa attorno a quel signore che porta adesso il cane a spasso ma, il mondo è comunque una merda, si sa e, per quanto mi riguarda, ciò che doveva accadere è abbondantemente già accaduto…speriamo solo che ci sia un seguito!