Di quella scuola elettronica tedesca, definitasi tra la fine dei ’90 e la prima metà degli anni zero, di cui Bernard Fleischmann (in arte B.) fu certo tra i massimi interpreti, non esiste più. I suoi rappresentanti o hanno mutato direzione o arrancano o sono proprio svaniti nel nulla. L’autore di Pop Loops For Breakfast, uno dei capolavori del genere indietronico, è, probabilmente, l’ultimo detentore di quello specifico suono a mantenersi ancora così fedele alla linea, tanto da pubblicare oggi un album che a quell’esperienza è legato indissolubilmente, facendolo con consapevolezza e sarcasmo, tanto da strillarlo fin dal titolo: I’m Not Ready For The Grave, producendosi in un lavoro fresco ed alla fine, anche, originale.
L’artista viennese sembra non avere fretta, si prende i suoi tempi, aspetta di avere qualcosa da dire prima di esprimersi e riparte, poi, da Angst Is Not A Weltanschauung, l’ultimo disco che è ormai del 2008 (For M/Mikro_Kosmos è una parentisi live). Questa volta, però, torna a fare tutto da solo, con un suono che è, quindi, riproposto nella sua variante più pop ed anche rock, sintetico ed elettrico. Come nello strumentale slow glitch di Lemminge, che si produce poi in uno psichedelico incedente scandire di piatti che, più che ai soli Amoon Düül, sembra un tributo al kraut tutto. Ma la natura autentica dell’album sta altrove: nell’apertura sottovoce di Don’t Follow, nervosa ma soffusa, sorretta da un trascinante ritmo multiforme, su cui Fleischmann suona la sua chitarra (rimane soprattutto un chitarrista) e canta con afflato confidenziale. O in Tomorrow, che si regge su un arpeggio di synth molto wave ’80 ma poi parte per tangenti electrorock primi duemila, in una splendida girandola di tarwaterismi (altezza Spider Smile). Gli stessi che, praticamente, si spargono su ogni altro pezzo del disco: siano essi i campioni vocali piazzati in bella evidenza a ripetere il titolo Beat Us come in disco di hip hop old school; sia l’ironica marcetta della titletrack (dove, ancora, è un ripetersi di un samples gracchianti) o gli accenni, si direbbero, caraibici di Who Emptied the River?, rotti poi da una parete di feedback e distorsioni che la sorreggono per tutta la parte finale e l’avvicinano a This Bar, scandita da par sua da un ritmo spezzato, che sembra la voluta caricatura del fu drum‘n’bass. In Some/Others/My Husband, invece, riappare il Fleischmann più prettamente elettronico, essendo questa una tirata strumentale poliritmica, in cui il nostro dà sfoggio delle sue infinite capacità all’immarcescibile groovebox 505 (inseparabile drum machine a cui ha anche dedicato il progetto parallelo Duo 505 con Herbert Weixelbaum). Unico break è concesso nella malinconica e distesa (quasi natalizia) At Night the Fox Comes, che sospesa com’è, pare volersi richiamare alla magnifica In Trains dell’album scorso. In chiusura vi èil beffardo e sardonico funk blues anticapitalista (e quindi splendido) di Your Bible Is Printed on Dollars, dove tra un suono trovato ed un sax in loop è dinuovo l’ombra di Ronald Lippok a venire fuori.
Un lavoro ben fatto, divertente, sentito, riuscitissimo, a riprova di quanto le mode abbiano poco valore quando si ha spessore e qualcosa da dire.