Beak>, uno sconosciuto nome d’arte che cela tutt’altro che sconosciuti musicisti, ovvero Geoff Barrow dei Portishead alla batteria, affiancato da Billy Fuller (Fuzz Against Junk) al basso e Matt Williams (Team Brick) a tastiere e chitarre. Non perchè viene chiamato in causa il nome illustre di Barrow si deve fare paragoni con il suo gruppo di provenienza. Già il progetto Drokk dovrebbe aver mostrato come sia malleabile il suo spirito se affiancato da altri compositori visionari (in questo caso Ben Salisbury). Infatti, niente a che vedere con i Portishead classici, da colonna sonora delle spy story, tutt’al più possiamo linkarli con ben altri film, ad esempio le paure futuristiche di John Carpenter, omaggiato ripetutamente e preso come ispirazione, modello di vita, vate. Potendosi spingere oltre con i paragoni, i Beak> con questo secondo episodio potrebbero musicare Dumbland di Lynch, sia per l’angoscia esalata da entrambi i lavori sia per la monotonia delle immagini.
Il gruppo, a tre anni di distanza dall’esordio, vuole tracciare un complesso percorso di recupero completo delle radici (finora mai così esplicitate nei main projects), sommandolo alla ricerca di un’innovazione che non affossi l’idea iniziale. E’ necessaria una prospettiva comparata per capire come si sia registrata una evoluzione. Se le brevi registrazioni di “>”, debutto della band, davano un suono più “quadrato”, legato al kraut-rock di prima maniera, in questo disco sentiamo anche progressioni alla batteria di Tago Mago , tastiere riscoperte, un frastuono più presente e sofferente, un fascino orientale applicato al rigido 4/4 di Barrow, che proviene dai cori angosciosi di “>” ma che viene stavolta tradotto in mantra e cerimoniali di provenienza religiosa. E basta confrontare le aperture dei due album: la più vecchia Backwell si separa tra echi e pattern volutamente dissonanti, The Gaol invece attacca subito con un canto di sirene elettriche che non riescono a rientrare nei ranghi della batteria di Barrow. Nel nuovo corso non troviamo vie di fuga come le celestiali e floydiane scorciatoie di Battery Point, nè riff scippati altrove come Blagdon Lake e Ham Green.
In “>>” si manifestano pezzi geniali come la sequenza Spinning Top–Eggdog, odoranti Can e arabismi sono con semplici note di basso o di organetto filtrate a dovere, Liar, toglie la polvere da sequencer vecchi come Barrow, Wulfstan II, la cosa che si possa avvicinare di più al rock, con distorsioni in stile Nine Inch Nails ed il solito organetto del primo Richard Wright. In tutto ciò si intrecciano, oltre a sonorità che ritenevamo non potessero essere più utilizzate in quanto obsolete o irraggiungibili, anche legami con gruppi che in un modo e in un altro hanno introdotto l’elettronica al grande pubblico, preparando, con tutti gli interventi storici, anche il successo dei Portishead. Tangerine Dream, Amon Duul, Can: questi i ringraziamenti che dovrebbero essere scritti nelle note di copertina, questi i padrini di Barrow nel 2012.
[box title=”Beak> – >> (Invada, 2012)” color=”#5C0820″]
Tracklist:
The Gaol | Yatton | Spinning Top | Eggdog | Liar | Ladies’ Mile | Wulfstan II | Elevator | Deserters | Kidney [/box]