giovedì, Dicembre 26, 2024

Colin Stetson – New History Warfare vol 2: Judges (Constellation, 2011)

Il secondo volume di New History Warfare messo insieme da Colin Stetson per la canadese Constellation è un’esperienza sonora unica; il sassofonista di Ann Arbor prosegue la sperimentazione timbrica a metà tra tecniche di respirazione, violenza percussiva e vocalizzazione ma rispetto all’episodio precedente, tutto costruito su un’architettura essenzialmente modale, spalanca le porte ad un suono dall’impatto orchestrale potentissimo, spingendo la sua ricerca tra ripetizione minimale e tradizione gospel in un territorio polifonico, tanto che l’effetto straniante di questo nuovo lavoro risiede in una sofisticatissima elaborazione armonica collocata su molteplici livelli, favorendo un approccio sempre più fisico, capace di mantenere tutta la flagranza di un take catturato in presa diretta. Del resto, il rapporto di Stetson con lo strumento è davvero una questione di fiato e di voce, la ricerca della purezza attraverso la fisicità più tribale, in quel confine tra vocalità e suono che tutte le volte diventa tensivo, animale, e che strappa ad uno strumento quasi antropomorfizzato un rantolo collocato ad un passo dall’anima. A conferma di questo approccio vitalistico, l’assenza totale di overdubs, looper, echi artificiali e la scelta di registrare con 24 microfoni in diverse posizioni, in un’accezione assolutamente tridimensionale del suono; rispetto alle abitudini di certa elettronica contemporanea, la musica di Stetson si riappropria con fermezza e decisione del punto di vista, e costruisce un divenire sonoro che dialoga senza requie con gli elementi più radicali della tradizione. Laurie Anderson e Shara Worden sostengono la fitta trama di variazioni in un dialogo serrato che muta le loro voci in posizione liminale, se la prima in fondo segue le tracce del suo narrato più tipico, spingendo a tratti anche il risultato timbrico dalle parti della sua esperienza live più emotiva, quella contenuta nello storico scrigno United States, sono gli episodi con la Worden a favorire l’esplorazione di un’anima gospel purissima, in questo senso le due polarità opposte sono ben rappresentate da tracce come Red Horse, elaborazione estrema del corpo alieno Andersoniano, uomo e macchina, uomo e strumento, una bionica dalla forza totalmente analogica che presto tramuta nel grido osceno di un animale molto simile alla lotta ingaggiata con lo strumento dall‘Adrian Belew di Desire Caught by the tail; e dall’altra parte nellla bellissima Lord I Just can’t Keep from Crying sometimes, standard a metà tra il lirismo sottile della Worden e uno Stetson in background tra risonanza e battito. Ma è la sferragliante e per certi versi Waitsiana Fear of the unknown and the blazing sun che racconta meglio di altri episodi la lotta tra materia e antimateria rappresentata da questo splendido lavoro, una coincidenza di opposti tra terra e spirito.

 

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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