New History Warfare Volume 2: Judges era stato, a ragione, accolto positivamente. Dopo due anni, Colin Stetson torna sul luogo del delitto e dimostra ancora una volta di saper dosare cervello e viscere, piegando alle proprie esigenze una conoscenza musicale enciclopedica. Il barbarico virtuosismo del sassofonista americano, ma di stanza a Montréal – anche il precedente capitolo della trilogia è targato Constellation – anima egregiamente questo solitario live in studio, registrato con il consueto, ampio dispiegamento di microfoni; l’unica sovraincisione che New History Warfare Vol. 3 To See More Light si concede, in quattro tracce, consiste nel contributo vocale di Justin Vernon, del cui progetto Bon Iver, Stetson è prezioso collaboratore. Una guerra vera, una fisicità virulenta, quietata però dai canti della tradizione afroamericana; balsamo gospel da applicare alle ferite interiori degli odierni musicisti di avanguardia in qualche misura – nonostante questa tesi sia oggetto di dibattito – collocabili nel mare magnum del jazz. In questa scia si collocano And In Truth, Among The Sef (Righteous II), e la rielaborazione di What Are They Doing In Heaven Today?, gospel di Washington Phillips, dove la voce di Vernon, immersa in sfocati ghirigori alla Michael Nyman, gioca un ruolo da protagonista. Al versante relativamente più morbido e contemplative del disco, possiamo ascrivere anche High Above A Grey Green Sea, Who The Waves Are Roaring For (Hunted II), Part Of Me Apart From You e This Bed Of Shattered Bone. Ma Stetson, lo scorso anno, ha onorato la mitologia jazz anche in uno dei suoi elementi più affascinanti e rari, cioè l’incontro-scontro fra sassofonisti. Per farvi un’idea in merito, recuperate Stones, album diviso con lo svedese Mats Gustafsson, punto di riferimento per la scena free scandinava ed europea. Ritroviamo tracce di quella foga in Hunted, che distribuisce in sequenza barriti sempre più insolenti e, subito dopo l’intermezzo In Mirrors, in Brute, che sconfina nel grind, in un corpo a corpo con lo strumento, accompagnato da interventi vocali prossimi al growl (e parliamo sempre della voce di Bon Iver!) – d’altra parte, il produttore Ben Frost, australiano trapiantato in Islanda, ha familiarità con il black metal. I 15 minuti di To See More Light, infine, fotografano al meglio le ambizioni dello Stetson compositore, sballottato tra tentazioni colte, improvvisazione e radici. Nell’insieme, il disco è un puzzle affascinante, non soltanto per chi ama bazzicare sonorità estreme.
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