Attraverso piccoli indizi, dalla copertina con la ninfa sfocata e glitterata alla vostra sinistra che risponde al nome d’arte di Diva Dompe, al titolo del disco The Glitter End (un’apocalisse colorata e meravigliosa è ciò che ci aspetta?), si può inquadrare alla meno peggio cosa abbiamo per le mani. Brillantini e accostamenti cromatici improbabili accompagnano da tempo M.I.A. e Santogold, ma il nome altisonante potrebbe ricondurre sulla strada, sbagliata, delle star e starlette come Gaga, Rihanna e il vate Madonna. In realtà c’è molta voglia di sperimentare e oltrepassare confini marcati con forza da pezzi da 90 come Cocteau Twins e, più recentemente, Glasser. Le voci filtrate e sottomarine fluttuano in un’atmosfera dub discontinua (che richiama, con le dovute contestualizzazioni, Architeq). Le percussioni sembrano un’eco lontana delle guerre e degli scontri che avvengono in superficie, mentre nel mondo di Diva tutto è attutito, tutto appare stordito. In realtà l’impatto è forte, a causa delle dissonanze su cui si insiste e si gioca, come a voler evocare mostri marini con mantra in loop. Glow Worm condivide le percussioni e l’atmosfera con la cugina Glasser, mentre Andromeda’s Lullaby, il trionfo del pacchiano, fa immaginare Ziggy Stardust che saluta il Maggiore Tom per avventurarsi in altre galassie. La title track ha molto in comune con i primi Floyd, poiché scorre su piani diversi e non casuali, strutturando la melodia e non solo ripetendola. Crocodile Crawl accenna al rock e al fusion, e questo solo per merito della chitarra. The Glitter End è un album coeso e coerente con sé stesso, ma lascia che le canzoni si sviluppino autonomamente, che prendano la loro strada, interstellare o abissale. Sembra facile all’ascolto, ma in realtà le tracce più aperte verso il pubblico sono solo specchi per le allodole, vogliono prenderti e legarti a sé, farti ammaliare per poi perire nel fondo dell’oceano. Ingannevole è Diva più di ogni cosa.