giovedì, Novembre 21, 2024

Einstürzende Neubauten – Strategies Against Architecture IV (Mute, 2010)

Invecchiare con dignità non è cosa da poco. Le formazioni musicali capaci di portare avanti una carriera decennale senza ripetersi sono più uniche che rare. Da questo punto di vista, gli Einstürzende Neubauten si sono sempre dimostrati due o tre passi avanti a tutti gli altri. I berlinesi tornano oggi con un ulteriore tassello del mosaico Strategies Against Architecture, compilation che la Mute licenzia a scadenza regolare per riassumerne le evoluzioni stilistiche. Questo quarto capitolo vede la luce proprio mentre gli artisti tedeschi celebrano in tour trent’anni di attività, e si rivela – come di consueto – ricco di intuizioni memorabili. Concentrandosi sulla produzione che va dal 2002 al 2010, la raccolta illustra una fase notoriamente significativa nella storia di Blixa Bargeld e compagni. Rimasti orfani di Mark Chung (basso) e F.M. Einheit (percussioni) fin dalla metà degli anni ’90, i nostri si erano visti costretti a rivoluzionare l’organico: mentre Alexander Hacke passava al basso, venivano reclutati il batterista Rudolf Moser e il chitarrista Joachen Arbeit, entrambi provenienti dai Die Haut. Il rimpasto avrebbe siglato l’abbandono definitivo di quello stile orgiastico e catastrofico che, nel corso degli anni ’80, aveva caratterizzato le performance della band. Con Ende Neu (1996) e il doppio Silence is Sexy (2000) i Neubauten riscoprivano la forma canzone, seppur affrontata da una prospettiva estremamente personale e mai scontata. Nel corso del decennio appena trascorso, i cinque avrebbero ulteriormente perfezionato le proprie capacità di scrittura, con capolavori come Perpetuum Mobile (2004) e Alles Wieder Offen (2007). Sondando le potenzialità del silenzio, sviscerando le componenti più eteree e volatili del rumore, i nostri si sarebbero mossi attraverso un territorio inesplorato. Forti di un approccio ricalibrato a partire da premesse inedite, i berlinesi avrebbero assemblato brani misteriosi, ricchi di fascino e stile. Il fruscio dell’aria, occasionali note di pianoforte, chitarre ambientali, tubi di plastica opportunamente “accordati”, flebili pulsazioni elettroniche, diventano le sorgenti sonore a cui attingere in questa seconda fase. Il drumming di Moser – angolare e misuratissimo – si rivela perfettamente complementare al basso sinuoso di Hacke, strumento portante del nuovo corso insieme alla funambolica voce di Bargeld . Esempio di come sia possibile coniugare estro sperimentale e forma canzone ce lo fornisce l’industrial-pop di Perpetuum Mobile (qui in versione singolo), basato su un break ritmico che prende l’ascoltatore in contropiede. Sui binari di un rock geometrico e minimale si muovono anche Let’s Do it a Dada!, Dead Friends (Around the Corner) e Selbstportrait Mit Kater, con quest’ultima sugli scudi a rappresentanza dei Neubauten mark II. Party In Meck-Pomm soddisfa i nostalgici con un’esplosione d’energia degna di Haus der Lüge, mentre la versione live di Floorpiece/Grundstück si pone a ideale crocevia fra passato e futuro: inizia con una sinfonia di percussioni metalliche per poi evolversi in una morbida ballata. Altrove è la componente ambient a prendere il sopravvento: le stanze dub di Susej, l’etereo piano elettrico di Ein Leichtes Leises Säuseln, i vorticosi sintetizzatori di Tagelang Weiss, tradiscono un approccio insolitamente “morbido” ed evidenziano un abbandono strumentale che cede volentieri alla deriva psichedelica. Da questo punto di vista, la lunghissima versione dal vivo di Unvollständigkeit – rituale lisergico e bilingue che passa The End dei Doors attraverso il setaccio del krautrock – si erge a monumento definitivo. Il 2002 è anche l’anno a partire dal quale la band intraprende un lento processo di allontanamento dalla storica etichetta Mute. Decisi a finanziare le proprie pubblicazioni tramite il supporto diretto dei fan, i Neubauten avrebbero instaurato un rapporto sempre più stretto con i sostenitori attraverso il portale neubauten.org. Questo pionieristico esperimento di autonomia organizzativa avrebbe fruttato la serie di prodotti esclusivi Supporters album e Musterhaus, una dichiarata valvola di sfogo per gli impulsi più selvaggiamente sperimentali del gruppo. Da queste due fonti, in effetti, proviene il materiale più ostico raccolto nella compilation. La suite in quattro parti Musterhaus-Ausstellung, l’impeto percussivo di GS1 & GS2 e Magyar Energia, il gamelan industriale di Jeder Satz Mit Ihr Hallt Nach, la pura cacofonia di Waiting for the Call, sono il riflesso distorto del processo di “normalizzazione” che i Berlinesi stavano affrontando nello stesso periodo attraverso gli album ufficiali. “Life on other planets it’s difficult”, e i Neubauten si dimostrano ancora una volta la colonna sonora ideale per questo duro processo di adattamento. Ora e sempre, seminali.

 

Federico Fragasso
Federico Fragasso
Federico Fragasso è giornalista free-lance, non-musicista, ascoltatore, spettatore, stratega obliquo, esegeta del rumore bianco

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