Terzo full lenght per Emanuele Errante a distanza di quattro anni dal debutto sulla label Canadese Apengenine, intitolato Migrations. Time elapsing handheld porta alle estreme conseguenze la ricerca dell’interstizio tra strumenti acustici e trattamento elettronico con un metodo che avvicina la musica del compositore italiano ad un lavoro complesso sul rapporto tra formazione dell’immagine e processi cognitivi; una sorta di “neorealismo” interiore che si tiene lontano dal concetto e lavora sull’impressione intima e sull’idea di riflesso, sin dai titoli della tracklist (inner, dorian’s mirror, memoirs, counterclockwise). Se si pensa al lavoro di musicisti come Jóhann Jóhannsson, Ólafur Arnalds, Murcof, con risultati ovviamente diversi, il dialogo tra textures, field recordings ed elementi della tradizione classica nella musica di Errante va oltre il concetto di innesto preferendo un amalgama che ha più di un riferimento con le tecniche di sintesi sonora della ricerca elettroacustica; i brani più fortemente orientati in questa direzione sono per esempio l’apertura di leaving the nowhere e tutta la struttura fondante di Memoirs, sviluppata a partire da una singola nota con un procedimento a spirale che aggiunge livelli su livelli; episodi che fanno da cornice ad un’esplorazione sonora fluida e cristallina, tanto che nell’insieme, il brano composto insieme a Simon Scott (ex slowdive e adesso parte del progetto Seavault per Morr Music) e intitolato Made to give emerge con i suoi drones oscuri. Con mezzi espressivi diversi il lavoro del musicita di origini Napoletane si avvicina moltissimo a quello di Chris Hooson, non solo per gli scambi e le collaborazioni passate e recenti (lo splendido The North Green Down uscito pochi mesi fa sempre per Karaoke Kalk), ma soprattutto per un’erosione impietosa del concetto di Affektenlehre; come per l’imminente The Hearts of Empty, Time elapsing handheld è il suono di un (falso) movimento, sinestesia di un’immagine-suono che tende verso il vuoto.