Esordio su Dead Oceans per il duo di Chicago formato da Andy R e Craig Nice, sodali e impegnati a comporre musica dall’età di 15 anni. L’album omonimo dei Gauntlet Hair fatica un pochino ad entrare nelle grazie dell’ascoltatore di turno, giacché l’avant pop orchestrato dai due non possiede sicuramente il dono dell’immediatezza, ma poco male: una volta preso confidenza con il sound, le 9 tracce che compongono il lavoro vi si riveleranno senza indugio alcuno. Che sempre di pop si tratta, ma è così carico di riverberi, di effettistica lo-fi e di nebulosità assortite tali da renderlo quasi noise. In alcuni passaggi lo si potrebbe ricondurre anche al dream pop più nebbioso, ma da quello si scarta abilmente evitando tutti i clichè più odiosi del genere. Diciamo quindi che è un idea di popular music deviante, come potrebbero averla gli Animal Collective. Il pregio maggiore è quello di saper creare melodie non scontate – evitando le trappole del catchy – all’interno di un apparato che sfrutta anche la capacità di saper ottenere dei buoni groove. Così, anche nei momenti più immediati come nel singolo apripista Top Bunk, il finale è un delirio psichedelico di voci mantriche e synth stortissimi, molto poco radio friendly. Menzione speciale anche per la conclusiva Shout In Tongues: suona come dei Cure risucchiati in un vortice interstellare. Si pesca in buona misura, dunque, anche dalla wave e dal post punk britannici, soprattutto nell’uso delle voci (lontane, sospese, filtrate) e in quel senso generale di stare galleggiando in una bolla sonica dove all’interno tutto suona compresso e saturo.
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