Tornando indietro invece, come hai iniziato a lavorare con il piano preparato?
In parte è la stessa spiegazione che ho dato per la prima domanda; volevo suonare il piano ed inserirci un elemento elettronico, ma non volevo usare un laptop, perché ho sempre pensato che fosse qualcosa che sta tra me e chi mi ascolta, non riesco a concentrarmi veramente davanti a uno schermo. Ho quindi pensato di poter lavorare facendo regolazioni sulle corde del piano, per creare un suono elettronico. L’idea generale, che mi ha spinto, è questa.
C’è stata qualche influenza da parte di John Cage o di Henry Cowell in questa scelta?
Ti dirò, non all’inizio, perché quando ho iniziato non avevo idea di ciò che avevano fatto Cage e Cowell, perché lavoravano in un’area musicale completamente diversa dalla mia. Quando ho fatto il mio primo piano preparato ho chiesto informazioni a un mio amico, che è uno studioso di musica che ha scritto un libro su tutti gli artisti che hanno utilizzato il piano preparato; mi sono quindi interessato sempre più a Cowell e a Cage, alla loro idea teorica sulla musica, sul fatto che per loro ogni suono è musica, che anche il silenzio è musica, una cosa che per me è assolutamente meravigliosa. Ciò significa che la mia idea di casualità, la mia idea di “amateur”, non è una cattiva idea, perché “amateur” significa amante. Questo, da un certo punto di vista, ci unisce tutti nella musica, perché John Cage diceva che ogni suono attorno a noi è musica, anche il suono della macchina fotografica che ci sta riprendendo adesso, il click e il rumore seguente, sono un sottofondo musicale.
Fai all’incirca un album all’anno, in una costante evoluzione musicale ricca di novità e scarti improvvisi. Qual è il segreto per lavorare così tanto e così bene?
Forse il segreto è che sono stato per dieci anni senza fare nulla, e ciò ha riempito di idee la mia testa. Poi ho incontrato molte persone stimolanti, che mi hanno spinto a lavorare con loro. Quindi è un processo che va avanti da solo, di volta in volta. Prima o poi dovrò fermarmi però, perché a volte è giusto prendersi del tempo e pensare a quale sarà il prossimo passo, riflettendoci maggiormente.
Stasera suonerai all’Elita Festival, che è legato alla settimana del design qui a Milano. Cosa pensi del legame tra musica e design? Dai importanza all’artwork per i tuoi album?
Assolutamente sì. Do importanza a tutto ciò che viene creato con l’album, di conseguenza anche all’artwork, al libretto, alla copertina. Il libretto diventa una possibilità espressiva per uno scrittore, la copertina per un grafico o un pittore, la musica per me e gli altri musicisti. Quindi in un album abbiamo tre forme artistiche in un prodotto; penso che se non presti attenzione a queste cose, hai sprecato dello spazio. Il tuo album è destinato a raggiungere forse migliaia di persone, e stimolarle anche dal punto di vista dell’artwork può essere importante, può essere uno stimolo a crescere per qualcuno tanto quanto può esserlo la musica. Penso che il design, inteso come un approccio artistico e alla ricerca del bello nella progettazione delle cose, abbia molto in comune con la musica, che le due cose abbiano caratteristiche comuni, a partire dall’amore che bisogna metterci nel farle. Questo deve valere per ogni cosa in realtà, deve esserci sentimento e senso estetico in tutto ciò che si fa, sia in un brano musicale che in una ricetta, per esempio.
Hai suonato più volte in Italia ormai. Hai mai avuto modo di collaborare con artisti italiani?
L’unica vera collaborazione che ho fatto è stata con Emidio Clementi, che ho accompagnato in un reading. Poi ho conosciuto e incontrato più volte Ludovico Einaudi, perché usciamo per la stessa etichetta: mi piace il suo lavoro e mi piace anche lui. Amo molto anche i Giardini di Mirò, penso che siano veramente una grande band, ho visto molti gruppi nella mia vita, ma penso che Jukka e gli altri siano veramente speciali, anche per il lavoro che fanno per molti miei amici, aiutandoli a diffondere la loro musica in Italia; in ogni paese c’è bisogno di persone del genere, che portino musica proveniente da altrove, che aprano porte e collaborazioni.
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