martedì, Novembre 5, 2024

Jay Z & Kanye West – Watch the Throne (Def Jam, 2011)

Anticipata da una versione embrionale di That’s My Bitch, da H.A.M. e dal più recente singolo Otis nell’arco dei precedenti otto mesi,  la prima effettiva collaborazione full lenght tra Jay Z e Kanye West ha preso forma, dopo l’accumulo di rumors e smentite, con una release uscita l’8 agosto scorso nella sola versione digitale distribuita attraverso iTunes a cui seguirà una versione fisica il 12 dello stesso mese. Watch the throne, nella forma per ora disponibile, contiene sedici tracce che alla produzione  di West aggiunge tra gli altri quella di The Neptunes, The RZA (Wu-tang-clan), Q-Tip, Lex Luger, 88-Keys, The Jugganauts, Swizz Beats, un numero tutto sommato ristretto di ospiti limitato alla partecipazione di Frank Ocean, Beyoncé, Mr. Hudson, la presenza spirituale di Otis Redding e quella di Curtis Mayfield. E’ un lavoro rutilante, tribale e oscuro che fortunatamente confina le tendenze autocelebrative e il delirio religioso di West nell’ambito delle sole liriche spostando quasi del tutto il ricorso all’auto-tuning a pochissimi elementi di sfondo e sviluppando un incedere apocalittico che può essere letto su molteplici livelli, inclusa l’ipostasi umano-divina di West che si era già manifestata in occasioni precedenti; No church in the wild è il primo esempio di questo vortice testuale, la voce di Frank Ocean che pone le fondamenta per un crooning malinconico, Jay Z che introduce una visione tra Hollywood e giorno della fine  ( “tears on the mausoleum floor, blood stains of the Colosseum doors” ), Kanye West in pieno delirio tra verbo e carne e una bassline che cresce minacciosa per tutto il brano sul sample ricavato da K-scope di Phil Manzanera, qui rallentato e ridotto ad uno scheletro sonoro inquietante. E’ un continuo oscillare tra accumulo e sintesi che nella durata fluviale dell’album riesce in modo miracoloso a raggiungere un equilibrio assolutamente unico anche negli episodi più ruffiani, Lift off sopra tutte, synth pop dall’incedere ossessivo ammorbidito da una performance di Beyoncè votata ad una linearità soul di impostazione classica, unica riduzione di questo universo magmatico, prima che il beat ossessivo di Niggas in Paris riprenda lo stesso discorso paranoide trascinando il risultato verso quel white noise che fa da sfondo ad un’outro parossistica, elemento strutturale a cui tende tutto il brano. E’ un procedimento che decostruisce anche i “testi” più apparentemente soulful come  Otis,  JoyNew day e Gotta Have it; i primi due si servono rispettivamente e in modo massivo  di Try a little tenderness di Otis Redding, e di The Makings of you di Curtis Mayfield, sono in effetti due brani speculari dove la produzione di West per il primo assorbe la lezione decostruzionista di Pete Rock per Joy, il cui lavoro di produzione risale in realtà ad un anno fa quando il brano veniva incluso nel progetto chiamato  G.O.O.D. Friday music series e destinato alla sola diffusione via internet. Per New day cambiano le carte in tavola, il sample di Feeling good, il brano scritto da Anthony Newley e Leslie Bricusse per Nina Simone, perde la sporcizia materica che tiene su due livelli il processo di decostruzione e gli interventi vocali di West / Jay Z, trasformando la voce inconfondibile della cantante del North Carolina in un simulacro di dubbio gusto, “grazie” ai giochini auto-tuned di West. Gotta Have it, al contrario, senza servirsi di uno sfondo così riconoscibile, miscela più di un riferimento a James Brown grazie alla produzione incisiva e potente di The Neptunes, come a dire che il range amplissimo e bulimico di Watch The Throne, proprio in virtù di un disegno delirante riesce a rappresentare un’immagine di sintesi della musica black contemporanea come l’unica ancora in grado di mantenere in vita le contraddizioni di un “genere”, al di là e oltre tutta la marmellata post-moderna fuori tempo massimo ;  tra magniloquenza e sperimentazione, scarnificazione tribale e cattivo gusto, autocelebrazione e pulsioni distruttive, grandeur di un puttaniere e ipocrisia cristologica.  Why i love you la traccia che chiude la tracklist (ad esclusione delle bonus tracks incluse nella versione iTunes) è in questo senso emblematica; costruita interamente su I love U so dei Cassius, brano con la parte vocale già interamente auto-tuned, subisce un innesto che ne riduce l’impronta demenziale e autistica; non si parla d’amore, ma di paranoia, con la forza perturbante di un’immagine allo specchio, tra verità e simulazione:  JZ) Got a pistol under my pillow (KW) I’ve never been a deep sleeper (JZ) P-p-p-paranoia (KW) Cause the nigga that said he’ll… (JZ) Blast for ya (KW) Is now… (JZ) Blastin for ya / That’s an assassin for ya (KW) These niggas got a shot they’ll shoot (JZ) Please lord (KW) Forgive him (JZ) For these niggas (KW) Not know (JZ) What they (KW & JZ) Do (Ooh)

 

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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