Quale migliore evento se non il Primavera Sound Festival (indiscusso Sabbah dell’indie europeo) poteva essere scelto per officiare il rito battesimale di una neonata band? La domanda è retorica, e la risposta è ovvia. Ed così che sotto i migliori auspici Alberto Mariotti smette i panni di Samuel Katarro, interessante ma acerbo progetto musicale, per dare i natali ai King Of The Opera. Due progetti differenti la cui discontinuità si colloca non a livello di line-up, dato che i musicisti che accompagnano Alberto sono sempre i soliti (il polistrumentista Wassilij Kropoktin e il percussionista Simone Vassallo), quanto a livello sonoro e musicale. Il percorso evolutivo iniziato con Beach Party (del 2008) non si è mai arrestato, c’è stato un continuo progresso, ed ogni tour, ogni nuovo album o bootleg hanno segnato un passo avanti. Ora però è tutto diverso, gli ultimi accenni blues rimasti sono stati definitivamente eliminati, per lasciare spazio ad un indole maggiormente rock, comunque contaminata da una psichedelia acida e da un pop molto sperimentale. I vari fronzoli ed orpelli che appesantivano le canzoni degli album precedenti sono tutti scomparsi, ottenendo così un suono più pulito ed ‘a fuoco’, ma non per questo più convenzionale. E seppure io continui a preferire i momenti più melodici (come la ballata beatlesiana ‘The Halfduck Misery’ o l’indie-pop dalle venature lisergiche di ‘Fabriciborio’) comunque tutte le derive strumentali (se siete dei fan del genere andate ad ascoltarvi ‘Pure Ash Dream’: 8 minuti di delirio elettroacustico) hanno una loro perfetta collocazione all’interno del lavoro rendendo il tutto omogeneo e ben amalgamato. Le atmosfere più dure e oscure come in ‘Heart of Town’ (che mi ricorda molto i CSI di ‘In Quiete’ come arrangiamenti) si contrappongono perfettamente a divagazioni all’apparenza più leggere e spensierate come ‘GD’ e ‘Worried About’ (influenzate dall’indie-folk canadese/seattleiano). Un ottimo prodotto da ascoltare con le orecchie e con il cervello, frutto di un modo di agire purtroppo ancora raro nel panorama musicale italiano (indipendente e non). Frutto di una ricerca personale ed originale che evita le derive autoreferenziali ed onanistiche e che allo stesso tempo resiste alla tentazione di sguazzare nel trendy e nel nazional popolare. Una strategia vincente (nonché profondamente autentica) che passo, passo potrà dare risultati insperati.