sabato, Novembre 16, 2024

Matthew Bourne – Montauk Variations: la recensione

C’è una sola traccia non numerata, quindi fuori dalla sequenza delle variazioni, nella nuova avventura solista di Matthew Bourne ed è un omaggio alla celebratissima Smile che Charlie Chaplin compose nel 1936; la versione di Bourne chiude Montauk Variations e lascia un’indicazione aperta sul lavoro del compositore di Avebury, animato da una concezione fluida della scrittura e formato per via mutante in uno spazio improvvisativo del tutto particolare, un interstizio non facilmente tracciabile che sembra oscillare tra la volatilità dei processi cognitivi, quelli che decostruiscono il ricordo e lo ri-tracciano in uno spazio non allocabile e antinostalgico, e la relazione aptica, tattile con lo strumento.

Un suggerimento ci arriva dal secondo omaggio, meno immediato, che Bourne inserisce nelle sue impressioni, One for you, Keith è dedicata a Keith Tippet e insieme a Etude Psychotique, questa invece dedicata a Zorn, “estende” tecnicamente il piano con un utilizzo tra risonanza e percussione degli elementi meccanici interni, con quello stesso spirito rituale che Keith e Julia infondevano nel loro “Couple in spirit“, pubblicato nel 1987 per la Ecm; le due tracce più estreme in questo senso dividono in due Montauk Variations separando gli episodi per solo piano da quelli dove si innesta il lamento del violoncello, altro residuo del ‘900 che per Bourne ha una consistenza sonora evocativa e impressionista e con un movimento opposto, violentemente astratta ed espressionista tanto da avvicinarlo, semplicemente per intenzioni e sensibilità, alla ricerca sonora di un Morton Feldman più istintivo.

Ecco perchè il modo di intendere la composizione per Bourne eccede la sua formazione Jazzistica spostando l’interesse verso l’evocazione acusmatica, incluso gli accidenti e le interferenze del caso; proprio Bourne a questo proposito parla di fattori come l’ambiente, la temperatura dello strumento che usa più frequentemente (il piano), le aperture e le chiusure dello stato d’animo, come di elementi che hanno un’influenza fondamentale sulla sua scrittura. La stessa genesi di Montauk Variations si articola in uno spazio transizionale, in parte tra la mezzanotte e le due di notte durante le sessioni di registrazione del concerto di Dartington, a cui si è aggiunto il materiale con il piano trattato, registrato a Manchester utilizzando un Bösendorfer (simile a quello impiegato recentemente da Dustin O’Halloran per A Winged Victory For The Sullen) nella canonica di St. Margareth; l’innesto del violoncello avviene in questo contesto, quasi per completare qualcosa che non poteva ricreare le condizioni di Dartington, confermando un approccio sensoriale, anti programmatico.

Con una forza meno appariscente di Dismantling the waterfall, il lavoro di Bourne composto insieme a Dave Stapleton e pubblicato dalla Edition Records nel 2008, Montauk Variations si sofferma sul riflesso, non solo quello della “canzone”, di cui la già citata Smile è un esempio, ma anche quello dell’improvvisazione Jazzistica per come la conosciamo; nella ricerca sonica di Bourne natura e inorganico giocano a dadi con la memoria disegnando un inedito paesaggio interiore, parte di un percorso che avrà un seguito con un prossimo episodio dedicato al Memorymoog, uno dei sintetizzatori analogici Moog progettato nel 1982, e rispetto al quale il compositore inglese promette un viaggio nei suoi circuiti, e una serie di vere e proprie “canzoni” composte per un quartetto e  ispirate alle storie di Winnie The Pooh; tra visione pura e fabula.

Michele Faggi
Michele Faggi
Michele Faggi è il fondatore di Indie-eye. Videomaker e Giornalista regolarmente iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Toscana, è anche un critico cinematografico. Esperto di Storia del Videoclip, si è occupato e si occupa di Podcast sin dagli albori del formato. Scrive anche di musica e colonne sonore. Si è occupato per 20 anni di formazione. Ha pubblicato volumi su cinema e nuovi media.

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