Mutuano la ragione sociale dal titolo dell’omonima pellicola del ’78: l’ormai classico rape & revenge, che deve la fama di culto che si è conquistato nel tempo (tanto da godere pure di un recente remake), proprio alla sua natura controversa ed alla sua sgraziata messinscena. Della brutalità esasperata del film di Zeir Marchi, però, nella musica dei quattro NVJ non v’è traccia, essendo il loro suono caratterizzato da un approccio, sì, piuttosto aspro e diretto, ma sempre misurato, al contempo sospeso e sottilmente inquietante. I quattro brani del loro EP d’esordio, dicono d’influenze anni novanta, del grunge à la Tad (altezza Infrared Riding Hood), dei Jesus Lizard o dei Cop Shoot Cop addomesticati di Release ma anche, e, spesso, soprattutto, delle ossute progressioni dei primi Black Heart Procession. I testi, ermetici, rievocanti suggestioni oscure, cantati in lingua di Dante, rimandano invece al cantautorato rock di Cesare Basile ed anche, in qualche misura, alla wave italiana dei Diaframma. Il trio (basso/batteria/voce, piano ed organo), senza chitarra, si muove sull’equilibrio complicato, quindi, di una musica che riesce ad aggredire e blandire contemporaneamente, in virtù di uno spleen impalpabile che avvolge l’intero disco sin dalla cover, sulla quale, il nome della band, si colora di umori ancora più minacciosi ed inquietanti. Un lavoro ben solido, robusto e spoglio, che non si preoccupa di essere diretto ad un pubblico d’elezione ma che segue un suo personale, difficile, percorso, forse peccando di qualche ingenuità proprio al livello dei testi. In ogni caso un esordio interessante, da non sottovalutare, che potrebbe essere l’anticipo per un album sulla lunga durata ancora più completo, ancora più incisivo, ancora più nero.
