Luigi Piergiovanni, in qualità di autore, produttore e discografico ne ha fatte parecchie: scritto centinaia di brani, oltre a sigle TV e colonne sonore, lavorato con un’ampia e variegata gamma di artisti, tra i quali Gronge, Tiziana Rivale, Rovescio della Medaglia, Richie Havens, Il Giardino dei Semplici, Stefano Rosso, Edoardo Vianello e potremmo continuare a lungo. Dal 2001, porta avanti in prima persona il progetto RoSyByNdy. In Eskoryazyony Karmyke fronteggiava un futuro sul distopico andante, mentre Il portiere di riserva era un bagno d’intimismo. Riascoltarsi rispettivamente la giocosamente abrasiva Testamento di un secolo grottesco e la fumosa e indifesa La mia vita, per mettere a fuoco i primi due album e farsi così un’idea dello spettro stilistico all’interno del quale Piergiovanni opera. Attitudini differenti paiono serpeggiare liberamente, più che fondersi, anche nelle deviazioni di Kapytalysty vyrtualy, le cui canzoni mostrano arrangiamenti elettronici di varie fogge, più o meno ritmate e deformanti, per narrare la nostra troppo spesso angosciante quotidianità e i suoi orrori (Io sono la vittima, Parole che sfuggono alla voce, Non mi svegliate più). Si ha l’impressione che, nel miscuglio schizofrenico del disco, si esprimano al meglio le canzoni dedite al pop, all’introspezione, alle relazioni amorose – Due sentieri, che ospita Tiziana Rivale, Il ventre dell’anima, Nabouf, le morbidezze di Chinacrack, increspate dalla voce di Roxy N. Viceversa, i tentativi d’iconoclastia nell’incalzare di Chiudete bene la porta, Non votare per me, Dogma, quest’ultima con special guests Flavio Giurato e Fausto Rossi, suonano un tantino programmatici; va meglio con il vigore espressionista di Mengele’s nightmare e Waiting Cleopatra, voce e sax di Antonella Ponziani, e con il sapore etnico di Giù dal cielo. Un caso a parte Vorrei parlarti di me, lettera al figlio di sincera e affettuosa ruvidità. Si tengano alla larga coloro che non amano gli oggetti di difficile catalogazione. Tutti gli altri facciano un tentativo.