Cosa ci si potrebbe attendere da una band che milita ormai, più o meno, da vent’anni; che ha prodotto, al netto di EP e singoli vari, già una decina di album e che è, da sempre, ben ancorata ad una formula calibratissima e mai dissimile da se stessa? Prendendo atto che la freschezza negli ultimi anni era andata perdendosi, si risponderebbe niente, nulla più di un po’ di sano mestiere.
Ed invece, basterebbe l’incipit di On and On, forse il pezzo più sostenuto mai scritto dal gruppo, a rimettere in discussione ogni dubbio: sono sempre loro, sono sempre i Prefab Sprout o gli Steely Dan o gli Style Council del post-rock chicagoano, in corsa su un drittissimo motorik Neu, sul quale Sam Prekop continua a cantare, con tono distaccato da Bono Vox da caffè letterario, noncurante dell’elettricità che intanto monta intorno; ripetendo ancora una volta la struttura a doppio binario, placido/nevrotico, tipica del 90% della loro produzione. Ed è strano, visto i loro retaggi, ma mai come in Runner la componente tedesca è stata tanto presente. Così in Skycraper, New Patterns e Neighbors and Township, che sono numeri di jazz rock tanto algidi quanto tirati, con John McEntire che da dietro le pelli (e dietro il banco) continua a condurre il gioco.
L’elettronica, sempre rilevante nell’economia del suono The Sea and Cake, qui serve più che altro ad irrobustire i già solidissimi arrangiamenti; salvo poi occupare la scena sul singolo Harps: una China Girl bowieana in variante kraut-soul. In The Invitations, invece, i synths saturano l’aria creando una coltre distorta sul solito cantato marca Prekop, che poi cede ad un funk sintetico che non può non richiamare i cugini Tortoise.
Ma se nella bella Pacific sono ancora degli ariosi Prefab Sprout sovraeccitati, è nei due brani più lenti che qualcosa non funziona. Certo, A Mere, pur se macchiata da arrangiamenti blues FM, mostra un volto essenzialmente inalterato ma il folk acustico di Harbor Bridges è una nota stonata: una ballata americana buona giusto per un telefilm.
Peccati veniali, perché Runner tiene fede al titolo che porta e restituisce, pur con quel mestiere di cui sopra che a tratti rischierebbe di emergere, un grande gruppo, in una forma eccellente. Che per The Sea and Cake significa: formula inalterata e stile da vendere.