venerdì, Novembre 22, 2024

Ulver – Wars of the Roses (Jester Records, 2011)

Da un gruppo come gli Ulver ormai possiamo aspettarci di tutto. Contaminando l’originario black metal per mezzo delle influenze più disparate, i norvegesi sono approdati nel tempo a lidi che sconfinano in territori ambient. Per ogni sperimentatore degno di questo nome cimentarsi con il pop rappresenta una tentazione irresistibile, e stavolta i nostri sembrano cedere al fascino della sfida. Wars of the Roses incarna quanto di più vicino all’easy listening sia stato prodotto sino a questo momento dalla band di Oslo. Gli intenti sono chiari fin dall’iniziale February MMX, un pastiche new romantic che – per quanto ci si avvicini – riesce miracolosamente a non scadere mai in un sentimentalismo affettato alla The Arc. Stesso discorso potrebbero valere per Providence, duetto con la pop star scandinava Siri Stranger in cui un’eccellente fuga strumentale salva il gruppo da paragoni con gli Evanescence. Dovendo procedere per comparazioni September IV – uno degli highlights dell’album – fa pensare agli Alphaville sotto valium. Norwegian Gothic anticipa invece le atmosfere della seconda facciata, più incline a dilatazioni psichedeliche e maggiormente in linea con la recente produzione Ulver. È qui che l’opera realmente decolla grazie ad un tris di composizioni impalpabili, irradianti la stessa purezza e lo stesso candore trasmessi dall’austero artwork di copertina. I sintetizzatori tracciano spirali ascendenti, mentre fantasiosi interventi di batteria forniscono al frontman Krystoffer Rygg il terreno ideale per le sue epiche evoluzioni vocali. Se England si mantiene ancora legata alla forma canzone Island già si perde in divagazioni ambientali, fra tastiere sibilanti e richiami di gabbiani. I 15 minuti di Stone Angels costituiscono il paradigma di tale attitudine compositiva: il freddo recitativo di Daniel O’Sullivan si sovrappone a maestosi pad elettronici, mentre incursioni di clarinetto affogate nei riverberi e un soffocato tappeto di percussioni conducono l’album verso il suo degno epilogo. Pop in odore di santità?

Federico Fragasso
Federico Fragasso
Federico Fragasso è giornalista free-lance, non-musicista, ascoltatore, spettatore, stratega obliquo, esegeta del rumore bianco

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