mercoledì, Dicembre 25, 2024

Unmade Bed – Mornaite Muntide (Seahorse, 2011)

Il secondo album dei fiorentini Unmade Bed è un disco da apprezzare, verrebbe da dire, incondizionatamente. In primo luogo, per il suo coraggio, dettato dall’esigenza di rifuggire deliberatamente ogni logica commerciale per agire in piena libertà in campo creativo. In secondo luogo, perché il trio formato da Vincenzo Zingaro, Lorenzo Gambacorta e Matteo Magrini ha affrontato questo lavoro approcciando il lavoro in studio con una concezione certamente inconsueta in confronto al modus operandi prevalente al giorno d’oggi. Hanno ingaggiato per le registrazioni il massimo esperto nel metodo della cosiddetta “registrazione binaurale” (Franco Russo, il merito dell’ottima riuscita del disco è in gran parte suo), consistente nel porre due soli microfoni orientati e settati come le orecchie umane, di modo che l’ascoltatore abbia la sensazione autentica di assistere all’esecuzione dal vivo. E infatti, la registrazione dell’intero disco è stata effettuata, in presa diretta, nella chiesa sconsacrata di San Giusto, a Firenze. L’effetto, a primo impatto, può essere straniante, soprattutto per via di quella batteria che risulta registrata molto dietro e molto in fondo. Ma allo stesso tempo è incredibilmente affascinante e tremendamente efficace e funzionale: l’ascoltatore è posto davvero “al centro” del suono, che viene così autenticamente spazializzato, e diventa in tal modo autentico destinatario di una narrazione sonora che, coerentemente, si articola in cinque suite (dai titoli interminabili) le quali seguono, nel loro distendersi, una vera e propria struttura narrativa (dato che pare che siamo in tempi di audio book) con un suo intreccio e una sua soluzione finale. Il trio fiorentino ha di certo indovinato la scelta del materiale sonoro per trasportare l’ascoltatore in questa sorta di fiaba nera, in cui si incontrano organi eterei, percussioni tribali, vocine e vociacce spettrali (ospite Marco Giusti dei Velvet Score) che si rincorrono come nell’eco di un bosco, incisi ripetuti fino allo sfinimento da un clarinetto da strada (nella bellissima apertura, il clarinetto è di Giulio Fazzini), digressioni in cui anche la semplice esecuzione di una scala maggiore acquista un senso nuovo e diverso. Quanto omogeneo è il materiale, tanto più vario è il carattere del racconto, ora lunare, ora autenticamente tetro, ora grottesco, finanche commovente nelle aperture più dilatate che ricordano la precedente produzione del gruppo, più marcatamente ammiccante ai Sigur Rós. E forse tirare in ballo Syd Barrett (vada per la presenza di creature strane, ma il suono è tutto contemporaneo) come pietra di paragone per questo disco, solo per il fatto che i tre suonano davvero “psichedelici”, rischia anche di essere fuorviante; meglio concentrarsi a mente sgombra (meglio ancora con tanto di cuffia e divano) su un’opera sanamente fuori moda ma, ad un tempo, con le caratteristiche giuste per accalappiare (e lo speriamo) una fetta davvero trasversale di pubblico.

Unmade Bed su myspace

Francesco D'Elia
Francesco D'Elia
Francesco D'Elia nasce a Firenze nel 1982. Cresce a pane e violino, si lancia negli studi compositivi e scopre che esiste anche altra musica. Difficile separarsene, tant'è che si mette a suonare pure lui.

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