venerdì, Novembre 8, 2024

Untied States – Instant Everything, Constant Nothing (Distile Records, 2010)

L’intro del brano di apertura, Gorilla the Bull, sembra provenire direttamente da Drum is Not Dead dei Liars. Ma come spesso accade, le prime impressioni tendono ad essere fuorvianti. In effetti gli Untied States da Atlanta non condividono affatto l’approccio grezzo ed istintivo del gruppo di Angus Andrew. Possiamo  anzi affermare che l’immediatezza non è proprio il loro forte. Formatisi nel 2003, i nostri sono tipici rappresentanti dell’ala piú cerebrale originata dal ciclone Fugazi. Assimilabili in qualche modo ai defunti At the Drive-in, sfoggiano un’attitudine meno emo-core rispetto ai cugini texani, dimostrando al contempo una maggiore devozione verso gli esperimenti dei tardi Radiohead, la cui influenza è particolarmente evidente nell’uso spregiudicato dell’elettronica  e nelle melodie oblique tracciate dalla voce di Colin Arnstein (si ascolti al proposito Unsilvered Mirrors). Va da sé che Instant Everything, Constant Nothing non sfoggia ritornelli trascinanti o canzoni facilmente memorizzabili al primo ascolto. L’opera affascina piuttosto per la sua complessitá: i brani raffinati, dalla struttura imprevedibile, fuggono continuamente la forma canzone senza riuscire mai a liberarsi del tutto dai suoi vincoli. Se il termine non fosse desueto e se l’abrasivitá degli Untied States non tradisse tanto chiaramente le loro radici da sottobosco punk, saremmo tentati di usare l’etichetta progressive. Tutto considerato, possiamo tranquillamente parlare di art rock per descrivere questo lavoro intrigante, ben suonato e dagli intenti chiaramente sperimentali.

 

Federico Fragasso
Federico Fragasso
Federico Fragasso è giornalista free-lance, non-musicista, ascoltatore, spettatore, stratega obliquo, esegeta del rumore bianco

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