mercoledì, Dicembre 18, 2024

XXL – Düde (Tin Angel Records, 2012)

Quello che era parso un’incontro occasionale, un po’ improbabile, tra due band molto distanti tra loro, ma dalle radici poi non così dissimili, nel giro di tre album s’è fatto progetto autonomo dalle coordinate precise e riconoscibili. Se nell’ancora incerto ¡Ciaütistico! XXL era pur sempre la somma delle due parti (Xiu Xiu+Larsen), con Spicchiology? la sigla imboccava la via per un proprio specifico carattere, che oggi, con Düde, assume una definitiva autonomia. Un amalgama in cui gli ingredienti sono ben distinguibili ma ormai del tutto complementari gli uni agli altri.
Così Film In The Laundry #1 aperta da una lunga parentesi ambientale, che può richiamare certi momenti di Knife Play, a cui l’incedere marziale del seguito fa assumere i tratti della classica composizione à la Larsen. Disco Chrome, invece, è uno sconquassato techno noise rock, molto nelle corde di Jamie Stewart, che i gorgheggi dell’acclamato Ernesto Tomasini conducono in una straniante dimensione da Klaus Nomi industriale. Apsorbtion rimescola nuovamente le carte di un disco che procede in modo tutt’altro che lineare, essendo divisa in sezioni in cui a prevalere sono di volta in volta le sinusoidi del synth,  gli accenti folk della fisarmonica, l’elettricità delle chitarre ed una tromba free che da metà del brano occupa buona parte della scena, anche quando un ritmo elettronico prende a farsi fa largo tra la coltre di suoni.
Si potrebbe già dire che Krampus si distingue come tipicamente XXL: recitato femminile (Angela Seo) e scenario rumorista sullo sfondo, che prende poi le forme di un’oscura ninna nanna, tanto soffusa quanto inquieta ed inquietante, tutta distorsioni e sibili; mentre Oi! Düde! è un inesauribile assalto kraut che rompe gli indulgi improvvisativi con una cavalcata tribale che gravita dalle parti degli Amoon Düül. A confermare il mood oscuro che avvolge l’intero lavoro, è la nuovamente tesissima, conclusiva, Vaire, a cui le tensioni trattenute conferiscono un’aria ancora più ansiogena, moltiplicata dalla voce del suddetto Stewart, la quale appare qui, brevemente, per l’unica volta.
Più che una semplice conferma, un passo fondamentale, che merita tutta l’attenzione possibile, di un progetto che, seppure dell’estemporaneità epifanica fa la propria primaria ragion d’essere, porta con se i sedimenti di storie importanti come quelle degli artisti che lo animano.

Alessio Bosco
Alessio Bosco
Alessio Bosco - Suona, studia storia dell'arte, scrive di musica e cinema.

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