Il binomio Aidan Moffat e Malcolm Middelton nella prima metà degli anni novanta ha portato sulle spalle il nome di una delle maggiori formazioni scozzesi di alt-pop, gli Arab Strap. Dopo oltre quindici anni di successi il duo decide di sciogliersi e di coltivare la propria ispirazione da “separati”. La separazione porta Middelton a pubblicare A brighter Beat, Sleight of Heart e Waxing Gibbous, tre dischi sicuramente non all’altezza del nome mentre il collega si divide fra collaborazioni varie ed un progetto, non ancora decollato, Aidan Moffat & The Best-Ofs che nel 2009 pubblica l’album d’esordio How to get to heaven from Scotland. Nella folta schiera di amici-colleghi di Moffat spicca il multi-strumentalista Bill Wells, un personaggio dal talento indiscusso e dall’anima indie jazz che ha “servito” svariati artisti tra i quali Isobel Campbell, Future Pilot Aka e i Pastels. Le affinità artistiche fra i due sono molteplici e la decisione di intraprendere un progetto assieme non tarda ad arrivare. Un primo assaggio del nuovo duo risale al 2003 quando Bill suona il piano in un brano di Aidan, Monday at the Hug & Pint, dando il via a quello che oggi si può apprezzare in Everything is getting older. Il nome di questo lavoro non può che essere il monito ideale per esporre cosa avviene in un musicista come Moffat. Nell’avventura con gli Arab Strap era poco più che ragazzo, saliva sul palco e trascinava il pubblico con la sua voce calda e avvolgente raccontando nella sua musica gli amori strapazzati e le lunghe notti passate a sbronzarsi. Oggi è cresciuto e nella sua vita molte cose sono cambiate. “Tutto sta invecchiando”, l’attenta analisi di chi sta maturando, di chi ha ritrovato l’amore di fare il proprio mestiere senza preoccuparsi del tempo che scorre. L’intelaiatura di questo disco si fonde su questo. L’estro jazzistico di Wells trasuda in tutte le dodici composizioni lasciando scorrere fraseggi deliziosi di pianoforte (e non solo) che vanno a colorare il registro vocale caldo e suadente del suo collega. Così ci si ritrova a cavalcare un disco dalle sfumature coese e ben amalgamate dalle infinite distese sonore che vedono l’utilizzo di molti strumenti affidati ai guizzi genuini di Bill. Nascono piccole gemme di stampo post-folk dalle proiezioni di un jazz senza troppi schemi. Le visioni concettuali di (If you) Keep Me in your Heart, il primo singolo di questo full lenght, si affiancano alle delicate note di Let’s stop here per poi tuffarsi nella sperimentale Cages, un vorticoso tranello di suoni che magicamente si muta in musica affidandosi alla voce quasi narrante di Moffat. La chiusura viene affidata a And so must we rest, una dolce nenia che lascia libertà d’esecuzione alla parte più intima del duo, marcando l’aspetto intimo di una collaborazione fortunata. Il percorso musicale di Aidan sembra aver trovato la giusta misura fra le texture soniche di Bill e questo Everything is getting older lo dimostra cristallizzando definitivamente l’accoppiata vincente Moffat-Wells. Un disco prezioso che nasce senza la pretesa di dover per forza smuovere gli animi dei più scettici, ma con la forte convinzione d’aver partorito qualcosa di veramente grande.