Si dice che l’Africa centrale sia la madre di tutto il genere umano e di conseguenza che vanno ricercati in questo luogo i nostri ancestrali progenitori, i padri dei nostri padri. Allo stesso modo il seme del ritmo, del battito, e quindi della musica tutta, è da ricercare nell’Africa più profonda. Da questo assunto prende le mosse il percorso musicale durante il quale siamo guidati a mo’ di sciamano o capotribù da Baba Sissoko (letteramente papà/maestro Sissoko). “Questo non è jazz, non è nemmeno blues, si chiama Amadran” dice il polistrumentista maliano nello spoken-word ‘Donnya’, confermando la nostra tesi. Amadran è infatti il termine con cui viene indicata una musica dalla struttura ripetitiva e ipnotica, ottima per tramandare oralmente cultura e nozioni, esattamente ciò che facevano i Griot, preistorici cantastorie di cui la famiglia Sissoko ne è un famossisimo esempio a partire dal nonno di Baba, suo omonimo, il più grande Griot vivente. Durante questo brano Sissoko spiega infatti la storia della propria famiglia e della tradizione musicale dell’africa occidentale. Secondo questa tesi tutte le musiche nere come il jazz, il soul e forse anche lo ska sono derivazioni di questo incedere ancestrale, che è stato poi diffuso in tutto il nuovo mondo attraverso la tratta degli schiavi. Esplosivo e inarrestabile esattamente come la tradizione culturale da cui nasce Baba Sissoko è un artista noto in tutto il mondo che può vantare collaborazioni Youssou N’Dour, Buena Vista Social Club, Santana e Art Ensamble Of Chicago, una discografia ricca e sfaccettata nonchè una notorietà transatlantica. Nonostante questo ha deciso di trasferirsi in Calabria, mettere su famiglia, e radunare un gruppo multietnico di musicisti Erick Yanou (dal Camerun), Philippe Lago (ivoriano), Abu Djigo (senegalese) e Rynaldo Hernandez (da Cuba). “African Griot Groove” è il loro ultimo lavoro, potremmo quasi definirlo un album fusion, se non fosse così prepotentemente influenzato dalle ritmiche sub-sahariane. Le molte variazioni sul tema vanno da ‘Taman Kan’ che diluisce la frenesia del tipico saltellio attorno al fuoco attraverso melodie pop, passando per malinconica e inarrestabile cavalcata blues ‘Afrika/Afro Blues’, fino ad arrivare alle ritmiche jazzate di ‘So/Fanzia’ accompagnata dal immancabile Ngoni (antico strumento a corda maliano) e da un cantato sognante. Senza dimenticare le digressioni ipnotiche e quasi psichedeliche di ‘Yala’, o il curioso rock ‘n’ roll di ‘Ambita/Bakadayi’. Un istruttivo percorso etnomusicologico che non mancherà di regalarvi emozioni nuove e territori sonori poco conosciuti.