Giuseppe Zevolli ha visto per Indie-eye il recente concerto di Bill Callahan del 9 maggio al Barbican Hall di Londra coadiuvato dalle foto di Carlo Zambon; occasione per un ricco speciale dedicato al nuovo album del songwriter Americano, costituito da una recensione dettagliata del concerto e un’approfondimento su Apocalypse; un ringraziamento speciale a Fred Somsen di Drag City.
La sala è gremita. Tutto esaurito al Barbican per l’attesa data londinese del nuovo tour mondiale di Bill Callahan in supporto dell’ultimo, splendido disco Apocalypse. Abbandonati gli arrangiamenti sontuosi, orchestrali del precedente Sometimes I Wish We Were An Eagle, per questa nuova prova Bill ha voluto che il sound si avvicinasse a quello di una piccola band dal vivo, a una dimensione più raccolta e per certi versi meno sofisticata. Il concerto si preannuncia di conseguenza come una celebrazione del nuovo album, suonato nella sua interezza: sette meravigliosi capitoli di una storia d’amore tra un uomo e il suo paese, racconto delle sue eterne incertezze, ma anche dei suoi semplici sguardi gettati sul mondo e delle rivelazioni incontrate sulla via. All’ensemble con violino e violoncello dell’ultimo tour, documentato dal live dello scorso anno Rough Travel for a Rare Thing, si sostituisce un trio: la voce, la chitarra acustica e l’armonica di Bill sono accompagnate dall’impeccabile batteria di Matt Kinsey e dalla chitarra elettrica di Neal Morgan. La presenza sul palco di Bill è come sempre seriosa e compassata: fin dalle prime note dell’ariosa Riding For The Feeling si crea un’atmosfera estatica di rilassatezza, il timbro inconfondibile di Bill incanta gli spettatori e crea quel palpabile silenzio di ammirazione che circonda i veri storyteller, quei (pochi) songwriter di cui non si vuol perdere una parola, di cui un verso rimarcato a fine strofa può