scatenare una suggestione, un volo pindarico che attraversa l’intera durata dei brani, ormai assestati da tempo su una considerevole lunghezza negli ultimi dischi di Callahan. Sembra esserci un’esigenza narrativa alla base del lungo respiro di questi pezzi e la dimensione dal vivo non fa che confermarla. Bill canta per la maggior parte del tempo statico ed ad occhi chiusi, ma già nel finale di Too Many Birds, energica e commuovente, indietreggia allontanandosi di scatto dal microfono sul verso “If you could only stop your heartbeat”. La chitarra elettrica trova la sua apoteosi nella perfezione di America!, il pezzo senza dubbio più trainante del set. La sinergia semifunk del trio è assoluta, le distorsioni della chitarra movimentano la repititività del testo in modo eccelso, mentre l’illuminante verso “Everyone’s allowed a past they don’t care to mention” tuona forte e chiaro spezzando il groove, travolto in chiusura dall’armonica di Bill, strumento in primo piano anche in molti altri pezzi, specie nell’ottima Universal Applicant. Il riarrangiamento di Eid Ma Clack Shaw è un altro dei momenti più dimanici del concerto, in cui la chitarra pizzicata di Bill accompagna il tonante nonsense del ritornello. La folla accoglie con entusiasmo Our Anniversary, a testimonianza che i rari ripescaggi dal torrenziale catalogo Smog son sempre i benvenuti. Stessa sorte infatti per la devastante Say Valley Maker, eseguita in un silenzio religioso e al termine della quale Bill si avvicina improvvisamente al bordo del palco, per l’unica volta, e per l’ormai classica The Well, interpretata con piglio quasi sardonico attorno a quei “Damn!” sussurati di straforo. Altri momenti eccezionali del concerto il crescendo della nuova Drover, prima della quale scambia qualche parola col pubblico, e il riarrangiamento di My Friend, velocizzata e trasformata in un pezzo decisamente più rock, trainato dalla chitarra elettrica. La compostezza di Bill raggiunge la chiusura del concerto con la serenità di Rococo Zephyr, mentre gli encore riservano il congedo perfetto con Bathysphere, vera manna dal cielo per gli irriducibili nostalgici di quel lontano Callahan di Wild Love. Prima dell’esecuzione, mentre Kinsey prende tempo per aggiungere un elemento alle percussioni, Bill gli si rivolge ironizzando: “While we’re young!” e scatta una risata collettiva. Bathysphere trasforma l’atmosfera sospesa del concerto e pur continuando a parlare di oscurità all’audience, recupera un’immediatezza rock e un’interpretazione diretta che sono il modo migliore per congedarla. Due anni prima di incidere quella canzone, nell’anti-inno lo-fi A Hit Bill ironizzava: “I’ll never be a rock and roll saint”. Uno dei migliori singer-songwriter esistenti senza dubbio, Bill.
Setlist:
- Riding For The Feeling
- Baby’s Breath
- Too Many Birds
- Free’s
- America!
- The Wind and The Dove
- Eid Ma Clack Shaw
- Universal Applicant
- Our Anniversary
- Drover
- Say Valley Maker
- Let Me See The Colts
- The Well
- Jim Cain
- My Friend
- Rococo Zephyr
Encore:
- One Fire Morning
- Bathysphere