L’intento che muove Blixa Bargeld in questa sua nuova avventura è quello di esplorare le infinite possibilità del linguaggio e della voce umana, servendosi di una attrezzatura volutamente ridotta ai minimi termini. Sul palco Bargeld dispone esclusivamente di un microfono, di due casse spia e di due loop station azionabili a pedale. In questo modo il nostro è in grado di campionare e sovrapporre i suoni che produce – opportunamente mixati dal fonico di fiducia Boris Wilsdorf, aka Mephisto – ma non di intervenire in alcun modo sulle loro qualità timbriche. Quella che potrebbe sembrare una limitazione permette, al contrario, di apprezzare nel profondo la stupefacente versatilità vocale dell’artista: a partire da semplici vocalizzi, sillabe, parole o frasi improvvisate sul momento, Bargeld costruisce per stratificazione impressionanti architetture sonore. In occasione di una delle sue date italiane lo abbiamo sottoposto ad una lunga intervista e, con nostro grande piacere, Blixa si è dimostrato un interlocutore estremamente interessante. Ci ha parlato delle parole e dei significati che nascondono, del suo approccio al canto, di avanguardie storiche e di molto altro. Soprattutto, ha messo in evidenza più volte un aspetto fondamentale della sua performance (e della sua persona), raramente considerato dai più. Vale a dire, una forte dose di (auto)ironia.