Quello che non riesce più ai già vecchi e sepolti Tortoise si esprime in modo ancora aperto e non riconciliato nella musica dei Califone, capace di sintetizzare gli stimoli di un decennio lontano e puntarlo con semplicità e forza dritto nella mischia della confusione attuale. E’ una sfrontatezza che permette alla band di Tim Rutili di fondere insieme pop, rock, folk e sperimentazione con un range strumentale molto ampio cosi da ripercorrere e sfuggire come un’anguilla più storie musicali possibili; procedimento che potremmo definire in modo stimolante come pratica decostruzionista invece di cedere alle rovine scassate del “post – (etc. etc. etc.). Resta da accordarsi sul significato da affidare al termine; decostruzione per chi scrive è un atto di riallocazione della memoria, non certo un gesto anarcoide e idiota . All My friends are funeral singers non è un album perfetto, è un’esperienza molto bella, mutevole e rutilante; dal Kraut di Giving Away the Bride che copula con Tom Waits e alcune reminiscenze funk fino alla violenza folk rock della deviata Buñuel, agli Stones pre-war di Salt, agli echi Evansiani di Alice Marble Gray, alla spirale minimalista che rende incerti e ossessivi i suoni della tradizione nella bellissima Krill. E’ un suono che pur non cercando mai l’amalgama, si rende in un certo senso riconoscibile e anche tra le uscite più accessibili della band di Chicago, un’accessibilità che non può essere equivocata per facilità, siamo di fronte ad una delle proposte più stratificate e ricche del momento; basta pensare a quella ricostruzione anomala del suono Gamelan che compare in un brano come Better Angels, un’entità strumentale che annega nella distorsione elettrica e che riemerge come una visione sofferta e creativa del concetto di radici. All My Friends are funeral singers è anche parte di un progetto cinematografico diretto da Tim Rutili, interpretato da Angela Bettis persa in una casa piena di fantasmi, echi della memoria e un’orchestra anomala che suona proprio come i Califone.