venerdì, Novembre 22, 2024

Chief – Modern Rituals ( Domino Records, 2010 )

Il Rock melodico della metà degli anni settanta spalleggiava il cantautorato folk e le bizze del country, in uno scenario che pareva perfetto così come nasceva. In queste variazioni primeggiavano i primi della classe tra cui The byrds, The Church, Willie Nelson e Neil Young. Oggi ciò che ne rimane sono le briciole lasciate sotto al tavolo di una cena che si è conclusa una trentina di anni fa.

Una di queste “briciole” prende il nome di Chief, un quartetto tutto Californiano che, a furor di stampa Americana, si presenta come il testamento perfetto di una visione sonora targata seventies. A giudicar dalle apparenze, è sbagliato si sa, questi fanciulli sembrano davvero provenire o meglio proseguire quel filone fatto di barba e capelloni al vento che andavan tanto di moda in quegli anni. Scenografia a parte l’aspetto musicale ad un primo ascolto sembra favorire il quadro che si son imposti i Chief. Un Rock melodico attorcigliato a sfumature folk e psych con spruzzate country. A dir il vero quello che mi è parso durante l’assaggio di Modern Rituals, è una tendenza sì alla rivisitazione, e quindi alla recitazione perfetta di una parte suggerita da un copione discografico, ma anche di un tentativo, seppur velato, di un approccio al contemporaneo. Ascoltando The minute i saw e Nothing’s wrong, si scorge chiaramente un aspetto commerciale che stona nella filosofia che si son preposti questi ragazzi, echeggiano tratti alla Kings of leon o addirittura i Coldplay. Il tiro che segue rientra in quel famoso copione di cui parlavo prima, infatti This Land si posa perfettamente sulle ginocchia degli Eagles, o Creedence ( il passo è breve non me ne voglia nessuno!), mentre in un pezzo come Stealing, emerge uno spaccato innovativo ed orecchiabilissimo, per alcuni tratti un Pop Rock alla Stereophonics, per intenderci. Ma pochi passi a testa alta per poi cascare nella minestra riscaldata di Summer’s Day che suona maledettamente America.

Questa schizofrenia compositiva a mio avviso lascia l’amaro in bocca, forte di una sensazione di smarrimento alla fine di questo Modern Rituals, mi viene facile sottolineare più che altro le mancanze che ho riscontrato in questo lavoro anacronistico. Da un lato, e parliamo di quello positivo, posso dire che i brani, quelli proiettati in avanti e meno derivativi, mi hanno convinto e non poco, peccato che il loro intento era tutt’altro.

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Paolo Pavone
Paolo Pavone
Paolo Pavone Vive, nasce, e cresce fra le risaie del nord italia, salvo una lunga parentesi nel regno unito. Torna per occuparsi, di giorno dell' arte e del design e di notte di musica e scrittura.

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