Non v’è dubbio che il songwriter inglese Chris Hooson possieda le coordinate di quella sottilissima linea che divide il vissuto dal patetico. Mi spiego così anche come egli riesca a trovare il tempo di andar a tifare per i suoi Spurs al White Hart Lane fuori dalle angoscianti mura del penitenziario dove opera come assistente sociale, e credo fermamente che la schiettezza dei suoi Dakota Suite sia capace di dosare, da sola, quell’indolenza tipica del sadcore crepuscolare, residuo dell’ancora vivo (ahimè!) post-rock. Mutuando pertanto un concetto di per sé evidente, sebbene spesso rifuggito, della cornice umana, questo quartetto acustico composto da un’inedita ensemble di tre pianoforti (di David Buxton e Colin Dunkley gli altri due) e dal violoncello di David Darling, rivela il proprio malessere al mondo autocommiserandosi con questo The End of Trying, che già nel nome possiede la caduca astrazione di una brutta giornata. Niente fronzoli, del resto, per cotanta tristezza ma solo l’amarissima e devastante apologia della sconfitta, ennesimo capitolo dell’epos dell’eroe decadente, assicurata proprio grazie alla semplicità delle note a cui è stato assegnato il compito di abbozzare gradualmente l’ingombrante concetto di disadattamento della sensibilità umana ed a titoli come A Quietly Gathering Tragedy od ancora One Day Without Harming You e This Falling sea che, qualora ce ne fosse bisogno, servono a condire anche didascalicamente sedici lunghe trame sofferenti comunque intrise di una tersa delicatezza. Un dosaggio ricco di tonalità minori ed una discreta distribuzione di un pathos disarmante surrogano infatti la colonna sonora della disillusione materializzata in sonate che ereditano dalla musica classica la capacità di rendere immaginifico il presente e dalle partiture moderne, molto vicine per concretezza alle ballate rarefatte dei Red House Painters di Mark Kozelek o alle sognanti riflessioni di Galaxie 500 e Low, il senso di irrequietezza di una generazione perdente. Insomma un bel disco…ma difficile innamorarsene. Nessuno ama la tristezza, men che mai quella senza speranza. Esistono tante cose al mondo di cui rammaricarsi. Il maggior pregio (o difetto) di The End of Trying è proprio quello di metterle tutte in fila come fossero gli oggettini di cristallo sulla mensola dietro il sommier.