Che Johnston fosse da sempre un artista grafico, con una propria, personale, mitologia a fumetti, è fatto noto (basti ricordare, per questo, l’incontro con Matt Groening filmato in The Devil And Daniel Johnston) ma Space Ducks risulta essere il suo, vero e proprio, esordio editoriale. Come già Disegni e Caviglia, più di venti anni or sono col seminale Razzi Amari, anche il menestrello della suprema disperazione, però, pubblica il suo primo libro a fumetti correlandolo, per festeggiare l’evento, di un album che ne segua e commenti le vicende ivi narrate; interrompendo, così, anche il silenzio discografico seguito al suo ultimo lavoro Is And Always Was del 2009.
Ma delle quattordici tracce contenute nell’album, solo la metà sono vergate dal cantautore, siccome, per l’occasione, il nostro si è attorniato di amici e colleghi: i Fruit Bats (probabilmente i migliori del lotto) con Evil Magic che è una ballata cosmica in punta di plettro e tastierine cosmiche che incarna un po’ la doppia anima della parte condivisa del disco, dove campeggiano Eleanor Friedberger, senza Fiery Furnaces, ed il suo country rock classicissimo (Come Down), almeno quanto il folk acustico di Jake Bugg e quello dei Lavender Diamond (anche se appare più come un brano della sola Becky Stark). Gli Unknown Mortal Orchestra con Satanic Planet spostano l’ascolto su un bizzarro lo-fi pop funk novantino in odore di Beck ed i Die Mason Die, invece, si dilungano in una My Favourite Cave che è uno slow gospel anni ’50. Per concludere con il tirato country rock’n’roll dei Deer Tick e la loro Space Ducks che chiude il lavoro, così come l’omonimo brano (in realtà due pezzi completamente distinti) dello stesso Johnston lo apre.
E quando il titolare prende il microfono, il confronto con la sua voce biascicata e la sua penna è, evidentemente, impari. I nuovi brani del musicista di Sacramento, che in qualche misura si tarano sul modello della sua ultima produzione “pulita”, sono di certo i migliori ed offrono un artista che, al netto del tempo che passa inesorabile e delle mille disgrazie della sua esistenza, sembra non perdere mai un grammo d’ispirazione, pur se operando su un lavoro, al livello musicale, certo minore. Mountain, Mask, Sense Of Humor, sono ballate indie rock in odore di George Harrison, come ne sono colmi i suoi dischi, all’occorrenza colorate da una malinconia più tenue e da una poco celata voglia di divertimento. Vale per tutti la sua, succitata, beatlesiana, Space Ducks: tutta piano saltellante ed effetti sintetici a fare il verso dell’anatra!
Per chi ha confidenza con l’immaginario visivo di Johnston, invece, il libro offre la possibilità di confrontarsi con le personali ossessioni di un autore che trasforma disegnetti, a volte anche insulsi e sgraziati, in piccole opere d’arte, in fogli stipati di tutti quei personaggi che da sempre ne animano le fantasie: i paperi, i supereroi, i mostriciattoli, Satana in persona, ecc. Ne vengono fuori una serie di tavole, tra il lisergico e lo psicotico, coloratissime e stranianti che, magari in modo non troppo lineare, raccontano le avventure di un eroe per caso ma col becco giallo, che da semplice passeggero di un aereo si ritrova ad agire e combattere come pilota d’astronavi.