Assiepati nel cuore del deserto dell’Arizona, i DeVotchKa hanno superato musicalmente l’oceano Atlantico, discendendo le coste messicane e argentine portando con loro il suono dei Mariachi e dei Boleri, approdando poi sulle sponde Europee dove hanno iniziato a mischiare diversi generi musicali, dalle sonorità slave e gitanizzanti, passando per il folk e la chanson francese. Risultato di questo viaggio è 100 Lovers, quinto album della band di Denver, in uscita il 1 marzo e firmato da Craig Schumacher, produttore già per i Neko Case e i Calexico. Al quartetto composto da Nick Urata (voce baritonale e polistrumentista), Tom Hagermann (violino, fisarmonica, pianoforte), Jeanie Schroder (voce, contrabbasso) e Shawn King (percussioni e tromba), si aggiungono per questo lavoro Mauro Refosco (membro del progetto di Thom Yorke Atoms for Peace) e alcuni componenti dei Calexico. La gamma di stili di 100 Lovers è molto più ampia e coinvolgente rispetto ai precedenti lavori anche se l’ampiezza musicale dei generi rischia di essere talvolta un appiattimento degli stessi. Le tradizioni sonore a cui il gruppo guarda si susseguono in modo ordinato nel procedere dell’album e più raramente all’interno della stessa canzone; ne risulta un disco sicuramente gradevole e godibile ma che si espone un po’ al rischio dell’effetto collage. Di certo bisogna dire che proprio l’intruglio di generi rende l’album composto di più strati, che conferiscono alla band un piglio che li separa da decine di altri piacevoli cultori del genere folk. I DeVotchKa restituiscono un suono quasi esotico, spaesate e inatteso; sono riusciti a reinterpretare i generi della tradizione senza stravolgerne la struttura originaria. 100 Lovers è un album corposo, fatto di 15 tracce che si rifanno alle diverse madri che musicalmente il gruppo ha fatto proprie; si apre con The Alley, una breve ouverture strumentale composta da un turbinio di archi, pianoforte di sottofondo, un rullante al galoppo e la voce miagolante del front man Nick Urata. 100 Other Lovers è un pezzo ravvivato dal violino di Tom Hagerman che ci proietta in qualche vicolo dell’Europa dell’est, presi nel movimento di una festa zingaresca o di un matrimonio dai festeggiamenti infiniti degno del miglior Kusturica di Gatto Nero, Gatto Bianco. Della stessa pasta è The Common Good sostenuto da un battimani di sottofondo che accompagna tutto il pezzo dal ritornello fischiettato. Il sapore muta con la fisarmonica The Man of San Sebastian che aggiunge un tocco di tango al disco e rende la traccia un dialogo appassionato e romanticamente sofferto degno della tradizione Argentina. Con Bad Luck Heels tutto cambia; veniamo rimbalzati sulle coste messicane, accolti dalle trombe mariachi e abbracciati dalla selva di maracas di supporto. Urata si dimostra un cantautore disinvolto e versatile capace di adattare la propria voce ai vari registri stilisti e di sostenere il bilinguismo in canzoni come Ruthless. Il suo timbro di voce è espressivo ed intenso, sicuramente una delle caratteristiche più affascinanti del gruppo. 100 Lovers è un disco che conferma nuovamente la bravura musicale del gruppo pur rimanendo un lavoro di genere, sapientemente confezionato e più studiato. Sembra che il quartetto abbia una predisposizione a cavalcare i generi musicali producendo ottime tracce che però sembrano più appropriate al mondo della celluloide – e del resto il gruppo ha scritto diverse colonne sonore per Hollywood, tra cui Little Miss Sunshine – che a quello in carbonio.